17 anni dopo la morte di Lisa Gabriele, 22enne trovata senza vita in una zona di campagna a Montalto Uffugo (Cosenza) nel 2005, arriva una svolta. La giovane non si sarebbe tolta la vita, come inizialmente creduto, ma sarebbe stata uccisa e il suo assassino avrebbe simulato il suicidio per depistare le indagini e allontanare da sé possibili sospetti. Poche ore fa la notizia di un clamoroso arresto nell’ambito dell‘inchiesta sul caso, riaperta nel 2018 a seguito di una lettera anonima che avrebbe indicato alla Procura nome e cognome del presunto autore del delitto. In manette un ex poliziotto, all’epoca coinvolto in una relazione clandestina con Lisa Gabriele: secondo l’accusa, avrebbe pianificato di disfarsi di lei perché la giovane non si sarebbe rassegnata alla sua volontà di interrompere il rapporto. Il suo nome è Maurizio Mirko Abate, ex agente della Stradale, riporta Chi l’ha visto?, che risultava indagato dal 2021.
A carico dell’uomo sarebbe ipotizzato il reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, ma si cercherebbe un presunto complice. Lo riporta Ansa, secondo cui gli inquirenti non escluderebbero il coinvolgimento di un’altra persona almeno nella fase dello spostamento del cadavere. Stando a quanto finora ricostruito, Lisa Gabriele sarebbe stata uccisa – probabilmente soffocata con un cuscino – in un luogo diverso dal sito del ritrovamento dove poi sarebbe stato inscenato il quadro di un suicidio. Accanto al corpo della 22enne furono trovati una bottiglia di whisky, psicofarmaci e un biglietto d’addio. Nonostante l’assenza di tracce di alcol e medicinali confermata in sede autoptica, e il risultato di una perizia calligrafica che avrebbe escluso l’ipotesi che il biglietto fosse stato scritto da Lisa Gabriele, le indagini si fermarono nel 2009 e scattò l’archiviazione. Un giallo senza soluzione, fino alla svolta di poche ore fa che potrebbe riscrivere la storia.
Lisa Gabriele: l’omicidio della 22enne nel 2005 a Montalto Uffugo
Secondo la ricostruzione, Lisa Gabriele sarebbe morta tra il 7 e l’8 gennaio 2005 e il suo corpo fu trovato il 9 dello stesso mese, in un bosco del Cosentino in zona Montalto Uffugo, con accanto gli elementi (alcolici, medicinali e un biglietto d’addio) che, stando a quanto emerso, sarebbero parte di una messinscena per far credere ad un suicidio. Per anni, fino al 2018, il caso è rimasto chiuso a seguito dell’archiviazione intervenuta nel 2009, ma una lettera anonima – scritta da un sedicente collega dell’ex poliziotto arrestato poche ore fa -, avrebbe acceso sinistre luci sulla vicenda. Nella missiva, giunta alla Procura 4 anni fa, riporta Chi l’ha visto?, l’ignoto mittente avrebbe scritto il nome del presunto autore del delitto. Avrebbe indicato l’identità di Maurizio Mirko Abate, proprio l’ex agente della Polizia stradale che sarebbe stato successivamente indagato e che sarebbe finito in manette con l’accusa di omicidio volontario aggravato da premeditazione e futili motivi 17 anni più tardi. Il presunto movente sarebbe la resistenza della giovane alla volontà dell’uomo di interrompere la loro relazione clandestina, per lui extraconiugale.
A dare il decisivo impulso alla riapertura del caso, quindi, sarebbero state proprio le rivelazioni dell’anonimo che, nella lettera del 2018, avrebbe fatto capire alla Procura di Cosenza di conoscere particolari della vicenda noti soltanto agli inquirenti. Ne sarebbe scaturita una serie di accertamenti tra cui intercettazioni telefoniche, ambientali e nuove consulenze medico legali attraverso la riesumazione del cadavere di Lisa Gabriele, attività che avrebbero prodotto un bacino di elementi di notevole interesse a carico della persona finita nello spettro dei sospetti. “Le risultanze di questa nuova fase investigativa, complessivamente valutate – riporta una nota dei carabinieri, citata dall’Ansa – hanno consentito di verificare, in maniera più approfondita, quanto raccolto nella prima fase, colmando alcune lacune investigative e facendo emergere un quadro indiziario significativamente grave e tale da collegare il reato contestato all’indagato”. Secondo ciò che è riportato ancora dall’agenzia di stampa, quanto acquisito in sede di nuova indagine avrebbe consentito di ritenere gli indizi “convergenti, gravi, univoci, coerenti e non confutati da ricostruzioni alternative plausibili“.