Con una certa sorpresa, un anno fa, avevamo scovato nel catalogo Netflix una serie tv greca dal titolo ammiccante, L’isola e il Maestro, che ci aveva colpito molto, perché in grado di trasformare alcuni stereotipi (l’isola greca a vocazione turistica, la cucina e la musica tradizionale, la passione travolgente tra un’adolescente e un uomo maturo) in una nuova e gradevole lettura della Grecia moderna. Devo ammettere che la stessa sorpresa si è ripresentata alla visione della seconda stagione, disponibile sempre su Netflix dal 16 maggio.
La prima stagione si era conclusa – nel solco della migliore tragedia greca classica – con un omicidio liberatorio. Il giovane Antonis, per salvare la vita al suo amato Thanos dalla furia omofoba del padre, il contrabbandiere Haralambos, lo uccide sparandogli un colpo con il suo stesso fucile. Da quel momento tutti i protagonisti sono rimasti coinvolti nel tentativo di far sparire in mare il cadavere e di occultare ogni prova della responsabilità del giovane.
La seconda stagione riprende quindi il racconto soffermandosi su cosa fanno oggi i nostri protagonisti e contemporaneamente dalla notizia dell’inchiesta da parte di un poliziotto scrupoloso che, ormai al limite della pensione e tra lo scetticismo dei suoi superiori, incomincia a indagare sul cadavere senza identità rinvenuto lungo le coste italiane. Così la nostra storia lascia, almeno per il momento, Poxus (la bella e incontaminata isola greca dello Ionio meridionale di fronte alle coste albanesi) e si trasferisce nella capitale greca.
La famiglia di Fanis è ormai distrutta e tutti i suoi membri hanno apertamente preso le distanze dall’imprenditore-politico che nasconde loschi commerci con la camorra napoletana. La sua scontata rielezione a sindaco dell’isola non risolve i problemi. I due figli si sono trasferiti ad Atene: Klelia (interpretata dalla bella e brava Klelia Andriolatou) ha iniziato a studiare musica al conservatorio, dove ha rivisto Orestis, alle prese con una drammatica crisi post-parto della moglie. Antonis, in preda alla depressione, ha iniziato a cantare in un locale jazz con successo. Anche la moglie di Fanis, Sofia, lo ha lasciato ed è andata a vivere con Michalis, il medico dell’isola con cui aveva avuto una relazione da ragazza. Ma nessuno di loro ha dimenticato quello che è successo quella notte, e ognuno porta con sé i sensi di colpa per la propria parte di responsabilità.
L’unica che non sembra soffrire affatto della scomparsa di Haralambos è la moglie Maria, che riassapora la libertà e cerca di superare le violenze subite per anni. L’occasione le si presenta quando scovando tra le cose del marito scopre una grande quantità di soldi in contanti, di cui non sa che farsene. Cosi decide di destinare – forse nella scena più bella della serie – l’intera somma frutto delle attività criminali del marito a un’associazione per le donne vittime di violenza domestica che opera sull’isola di Corfù.
La seconda stagione si conclude in modo imprevisto e lascia intendere che la storia avrà un seguito. È già stata annunciata, infatti, da Netflix dopo il successo delle prime due – L’isola e il Maestro è la serie greca più vista al mondo – la realizzazione della terza stagione, affidata sempre a Christoforos Papakaliatis, che oltre a occuparsi della sceneggiatura e della regia interpreta il ruolo di Orestis, il maestro di musica.
Il racconto ha ormai abbandonato i toni della storiella romantica ed è una testimonianza efficace sull’attualità e i problemi della Grecia contemporanea, segnata da nuovi conflitti di classe, da una preoccupante infiltrazione criminale nell’economia e nella politica, e da una gioventù che si sente sempre più europea e che aspira a vivere in un Paese moderno e al passo con i diritti e le libertà di cui godono i loro coetanei nel resto del continente. Con buona pace di tante vecchie tradizioni e dei soliti luoghi comuni.
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