Elezioni europee 2024, liste chiuse. Il Pd schiera le sue forze con un’ampia e variegata schiera di esponenti messi a correre l’uno contro l’altro. Il pacchetto di mischia della Schelin, oltre a lei stessa, si basa su Cecilia Strada e Lucia Annunziata che correranno al Sud, al Centro ed al Nord-Ovest per ribadire il primato della nuova gestione sulla vecchia. Il loro compito è catalizzare le preferenze ed arrivare prime assolute mettendo in chiaro che comanda Elly. Lei avrebbe voluto sancire la sua supremazia sul “vecchio” mettendo il nome nel simbolo come una leader qualunque. Ma l’operazione era troppo lontana dalla cultura del partito e troppo “renziana” per passare. Così si è vista costretta a correre solo sulle gambe, senza il traino del nome sulla scheda.
Il resto del partito finge lealtà. Si candidano Zingaretti, Bonaccini e Decaro. Tre pesi massimi che dovrebbero essere alfieri della segretaria, ma che in realtà corrono solo per se stessi e per sopravvivere all’attuale gestione. Pronti a cambiare cavallo se la segreteria cadrà. Sicuramente fanno squadra con le donne che la segretaria ha proposto, compresa lei medesima, vista la possibilità delle preferenze di genere, ma alla fine faranno pesare il loro consenso più che il traino della segretaria. A cui nessuno crede. De Luca porterà un suo nome. Forse non del Pd, così si dice, per sancire il suo peso. Per lui, umiliato, marginalizzato e osteggiato, se il Pd in Campania tracolla sarà festa grande: non farà neppure un comizio per portare voti.
Gli altri sono storie individuali. Come quella del sindaco uscente di Firenze Dario Nardella, di Area Dem, che proverà (ma sa di avere scarse chances) a prendere i voti che gli servono almeno a non sparire dopo questa tornata elettorale. Nel Nord-Est la pattuglia democratica gioca sul duo Zan-Moretti, che proverà a dare filo da torcere in terra legista con i sorrisi della lady like ed il network del consenso di Zan che con questa candidatura ipoteca il suo futuro nel partito. Nelle isole si gioca su Antonio Nicita, deputato e esponente siciliano che proverà a fare l’en plein delle preferenze in coppia con Schlein capolista.
Alla fine verrà fuori una mosaico del consenso interno che dirà, dopo queste elezioni europee, chi comanda. Se le donne di Elly saranno tutte elette, assieme a Zingaretti, Bonaccini e Decaro, la segretaria è salva, anche se la percentuale sarà solo il 20. Se ci saranno sorprese e il consenso si concerterà su qualche outsider portato dalle correnti, con il partito che resta attorno al 20, sarà guerra. Va detto che la scelta della Schlein di candidarsi, contravvenendo al suggerimento di Prodi, non la mette in una condizione di sicurezza. Si gioca tantissimo, ma lei conta sul supporto della Cgil, il cui esponente è nelle liste del Nord-Est, nonché sul network dei fedelissimi che hanno preteso che la loro eroina scendesse in campo pesantemente per legittimare la loro leadership con i voti.
Il messaggio del Pd al suo elettorato è chiaro, nessun riformista o “moderato” candidato. Correnti rappresentate in posizioni strategiche, la segretaria libera di agire per giocarsela. Tutto mira a capitalizzare il voto di “sofferenza” e protesta contro il Governo senza che sia chiaro dove si porterà il voto dei militanti dopo il 9 giugno. È competizione aperta con il lato sinistro dello schieramento, quello di Verdi e Sinistra, che cala però pezzi da novanta. Mimmo Lucano, icona dell’integrazione dei migranti, e Ilaria Salis, campionessa dell’antifascismo sottratta al Pd, con l’aggiunta del deputato napoletano Francesco Emilio Borrelli, campione delle lotte alla mafia ed all’illegalità. Pattuglia compatta e che appare più coerente come proposta di quella del Pd.
Diversa la posizione dei 5 Stelle. in queste elezioni europee punta tutto su Tridico e sul Sud, per fare man bassa dei nostalgici del reddito di cittadinanza schierando un manipolo di ignoti, in pura tradizione grillina, assieme a nomi indicati direttamente da Conte che sarà, in pratica, l’unico big in panchina assieme a Salvini. La scelta è quella di un test sul partito che non bruci Conte il quale punta, come noto, solo su stesso.
Più variegato e confuso il quadro della lista Bonino-Renzi, messi sotto l’evocativo nome di Stati Uniti d’Europa. Renzi ha lasciato a casa tutti i suoi, in pratica, per mettere il lizza solo se stesso e capitalizzare i numeri sul suo suo nome e provare a lasciare Roma, dove ha compreso che non tocca palla, e andare in Europa a svernare mentre Giorgia Meloni governa. Accanto a lui la moglie di Mastella e poco altro che si candida a contorno assieme all’icona Bonino, che proverà a tirare la volata ai suoi ex radicali. Unione di comodo che esprime poco o nulla sul piano politico, a parte il nome della lista.
Calenda, invece, cede alla tentazione. Si candida per l’ennesima volta per tenere su la sua Azione e galvanizzare i suoi fan. Ha compreso che senza di lui il crollo era inevitabile e così si contraddice per l’ennesima volta in poche settimane. Dopo aver pontificato sui candidati bandiera, ne diventa il campione. Perché alla fine, udite udite, contano solo i voti. E per quelli mancano poche settimane.
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