Con la chiamata di Andrea Orcel a nuovo amministratore delegato di UniCredit, l’Azienda-Italia ritrova il suo secondo “campione nazionale” bancario – assieme a Intesa Sanpaolo – e i mercati azionari una chip europea di settore da tenere d’occhio. La decisione del Cda di Piazza Gae Aulenti non si è d’altronde presentata facile. L’abbandono di Jean-Pierre Mustier, in carica dal 2016, e l’arrivo dell’ex ministro Piercarlo Padoan come presidente designato hanno accelerato un passaggio-verità per il gruppo fra i front-runner europei all’inizio dell’era-euro.
Nata dalla fusione fra il Credito Italiano di Alessandro Profumo e Unicredito delle Casse di Risparmio di Torino e Verona – secondo un piano concepito proprio da Orcel come banchiere d’affari – UniCredit aveva tagliato molti traguardi: banca europea con la migliore performance di Borsa, primo gruppo a realizzare acquisizioni nell’Est europeo e quindi primo polo protagonista di un’aggregazione transnazionale in Europa con il polo HvbBankaustria. La fusione con Capitalia e i contraccolpi della crisi del 2008 su un gruppo esposto sui mercati finanziari avevano però indebolito UniCredit, che negli ultimi quattro anni Mustier ha dovuto sottoporre a una terapia pesante, a base di una ricapitalizzazione da 13 miliardi, pulizia di bilancio di crediti deteriorati e vendita di partecipazioni pregiate (fra cui il controllo di Fineco e la residua quota in Mediobanca).
L’arrivo di Padoan è coinciso con un crescendo di voci su una sorta di “missione” affidata all’ex titolare del Mef nei governi Renzi e Gentiloni: quella di coinvolgere UniCredit nella definitiva messa in sicurezza di Mps, tuttora controllato dal Tesoro. Le Borse hanno reagito male al crescendo di voci: il titolo è tuttora sottovalutato del 20% sui livelli di ottobre, al netto delle attese di un consuntivo 2020 negativo. E tutto questo ha influito sulla selezione del nuovo Ceo, che si è però risolta con una scelta che il mercato ha mostrato di gradire (sia da parte dei soci storici italiani come Leonardo Del Vecchio e le Fondazioni Crt e Cariverona) sia soprattutto i grandi investitori internazionali, che sono oggi i veri “padroni” di UniCredit.
La figura di Orcel, in sé, appare certamente coerente con una missione: riorganizzare e rilanciare il gruppo tenendo come riferimento l’apprezzamento degli investitori. Un grande esperto di fusioni e acquisizioni bancarie a livello europeo (prima in Merrill Lynch, poi in Ubs) sembra il profilo dedicato per capire se l’attuale struttura di UniCredit – di fatto una banca per metà italiana e per metà austro-tedesca – sia o no competitiva negli scenari finanziari post-Covid. In particolare: se possano essere recuperate ipotesi di lavoro già allo studio da parte di Mustier, come la scissione delle attività HvbBankaustria.
In parallello non appare inverosimile che UniCredit affidato al nuovo ticket Padoan-Orcel possa valutare combinazioni in Italia: anzitutto Mps (che lo Stato deve riprivatizzare per rispettare gli accordi presi in sede Ue), ma anche altri poli (come BancoBpm oppure “Nuova Bper”, cresciuta con l’acquisizione di parte della rete Ubi).