Sul fronte energetico stiamo vivendo giorni molto importanti. Da un lato, come noto, fino al 21 luglio, causa manutenzione, il transito di gas dal Nord Stream 1 è bloccato, e ciò sta creando preoccupazioni per le forniture di un Paese chiave dell’Europa come la Germania, dall’altro, la visita di Joe Biden in Medio Oriente, con la tappa in Arabia Saudita, potrebbe essere cruciale per aumentare la produzione di petrolio e farne calare ulteriormente il prezzo al barile dopo la discesa sotto la soglia dei 100 dollari dei giorni scorsi. Abbiamo fatto il punto della situazione con Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli. 



A leggere i giornali sembra che il calo del prezzo del petrolio sia da imputare anche al rafforzamento del dollaro che ne scoraggia gli acquisti…

Sicuramente il “superdollaro” ha inciso, ma in questi ultimi mesi vi sono altre variabili generali ben più importanti che pesano sul prezzo del petrolio, che da alcuni giorni è in flessione. Su questo fronte sarà fondamentale l’esito della visita di Joe Biden in Medio Oriente, che ha anche lo scopo di convincere l’Arabia Saudita ad aumentare di oltre 200.000 barili al giorno la produzione petrolifera e far diminuire così anche il prezzo dei prodotti raffinati, visto che negli Stati Uniti la benzina è arrivata a 5 dollari al gallone, un costo altissimo rispetto agli standard americani.



In Europa stiamo invece facendo i conti con una diminuzione dei flussi di gas dalla Russia. Cosa cambia per l’Italia?

Negli ultimi mesi, grazie anche a Eni, sono stati stretti accordi di fornitura molto importanti. E, soprattutto tramite l’aumento dei flussi dall’Algeria, la quota di gas russo sul fabbisogno totale è stata ridotta dal 40% al 25%. Non dovrebbero quindi esserci problemi per il nostro Paese sia per l’estate che per l’inverno. La Germania è sicuramente in una situazione più difficile.

Anche perché deve fare i conti con un blocco totale dei flussi del Nord Stream 1.



Se lo stop dovuto alla manutenzione dovesse protrarsi oltre il 21 luglio sarebbe sicuramente anomalo. Anche perché quando ci sono stati interventi in passato i flussi non si sono fermati del tutto, ma sono in parte transitati tramite diramazioni alternative.

A parte la situazione particolare della Germania, sul fronte del gas l’Italia è quindi messa meglio di altri Paesi europei?

L’Italia è il Paese messo meglio in Europa sia per la sua collocazione geografica, che le consente di sfruttare le vie marittime, sia per la capacità di stringere accordi con gli Stati produttori. Anche se i nostri stoccaggi non sono ancora al 100%, è probabile che con il gas che stiamo importando, tramite un’azione di mutuo soccorso, andremo in aiuto di altri Paesi che hanno grosse problematiche.

L’Italia potrebbe quindi avere un ruolo di primo piano in una sorta di solidarietà europea sul fronte del gas?

Certamente. L’Italia si candida a essere hub energetico del Mediterraneo, ad avere un ruolo primario come ponte di forniture verso l’Ue, grazie anche a eccellenti rapporti con l’Africa e il Medio Oriente.

Riusciremo a sfruttare questa posizione per avere solidarietà su altri fronti? 

Questo bisognerebbe chiederlo al presidente del Consiglio, che però in questo momento ha anche altri problemi a cui pensare. Certamente, come del resto sta facendo ogni Stato, dovremo prima pensare a far fronte alle nostre problematiche e poi guardare all’Europa.

Nei giorni scorsi, di fronte alla diminuzione delle forniture di gas russo, Bruxelles ha detto di essere pronta a ogni scenario, ma una strategia europea sul fronte energetico è davvero possibile?

Già alcuni anni fa siamo stati chiamati a presentare delle proposte su un grande progetto, chiamato Energy Union, che doveva creare un’interconnessione tra i Paesi Ue per il coordinamento degli approvvigionamenti energetici. Questo progetto, tuttavia, non è mai decollato, perché in materia energetica vi sono situazioni e visioni diverse tra gli Stati membri.

Dunque sarà anche difficile arrivare al famoso tetto sul prezzo del gas

Posto che un tetto al prezzo avrebbe senso solo come misura temporanea, non credo si possa arrivare a un accordo tra Paesi che sono diversi l’uno dall’altro sotto il profilo energetico. Stiamo comunque a vedere cosa sarà deciso nel Consiglio europeo di fine mese.

Potrebbe essere ancora un appuntamento interlocutorio su questo fronte, perché la decisione potrebbe arrivare a ottobre.

Per allora possiamo anche sperare che la situazione in Ucraina sia diversa. In ogni caso, una volta terminata la guerra, prima o poi dovremo tornare a dialogare con la Russia. 

È, quindi, inimmaginabile tagliare ogni ponte con la Russia in maniera definitiva.

Assolutamente. Non solo per l’Oil & Gas, ma anche per altri settori. Certamente, come privati, dobbiamo attenerci a quelle che sono le decisioni politiche istituzionali, ma la domanda su come si tornerà a negoziare con Mosca dobbiamo porcela.

Tirando le somme, quindi, possiamo dire che in Italia non ci sarà carenza di gas, anche in inverno. Semmai, il problema sarà il prezzo da pagare per questa materia prima.

Il problema è proprio questo. Visto che non siamo produttori e non stiamo sfruttando come potremmo i nostri giacimenti, dobbiamo acquistare il gas, quindi il prezzo non viene deciso da noi. Di fatto siamo nelle mani dell’Algeria e degli altri Paesi con cui abbiamo stretto accordi e che possono rinegoziare i contratti. Il prezzo può quindi determinare, come già accaduto, anche un rallentamento nello stoccaggio, perché diverse aziende deputate all’immagazzinaggio hanno preferito non acquistare a queste quotazioni.

Il Governo dovrà quindi monitorare i prezzi ed essere pronto ad altre misure per sostenere famiglie e imprese.

Sì. Se possibile credo che ci dovrebbe essere un maggior coordinamento tra noi aziende dell’Oil & Gas e il Ministro Cingolani, altrimenti c’è il rischio che all’opinione pubblica arrivi un’informazione confusa e poco chiara.

Auspica quindi un maggior coordinamento informativo?

Occorrerebbe che aziende energetiche e ministero si consultassero di più per dare un’informazione più completa. Noi possiamo dire che i flussi di gas stanno arrivando, ma da un po’ di tempo dalle istituzioni arrivano segnali che rischiano di creare allarmismo nell’opinione pubblica.

In effetti in questi giorni abbiamo letto di piani di emergenza, possibili razionamenti…

Quattro mesi fa c’era effettivamente un situazione preoccupante, ma perché oggi dovremmo alzare la soglia di allarme quando abbiamo diminuito al 25% la dipendenza energetica dalla Russia e abbiamo stretto accordi con alcuni importanti Paesi produttori? Se i flussi dal Nord Africa e dal Medio Oriente sono quelli dichiarati e continuano ad arrivare senza diminuzioni non ci sono problemi e, visto che i consumi sono inferiori rispetto alla quantità importata, si potranno aumentare gli stoccaggi. È chiaro che si può fare dell’altro per dar vita a una più efficace strategia energetica italiana, ma per il momento possiamo tirare un sospiro di sollievo: per l’inverno siamo messi bene, non avremo persone che resteranno senza riscaldamento.

(Lorenzo Torrisi)

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