Da diversi mesi a questa parte – per non dire anni – non si fa che parlare della Difesa, nel nostro caso italiana ma più in generale europea e mondiale, nel sempre più grande timore che da un momento all’altro la Nato potrebbe trovarsi a fare i conti con una guerra mossa dalla Russia, secondo strateghi e opinionisti a partire dai Paesi Baltici. Accordi che risalgono all’ormai lontano 2014 vorrebbero un impegno comune da parte dei paesi Nato ad aumentare la spesa per la Difesa al 2% del Pil: quella italiana avrebbe dovuto raggiungere l’obiettivo proprio quest’anno ma è stato rinviato al 2028, mentre guardando ai nostri vicini sono molti (Francia, Germania, ma anche Spagna) i progressi compiuti.



Per capire meglio quali sono le possibilità di deterrenza del nostro Bel Paese, Il Foglio ha condotto un’inchiesta per appurare l’effettivo stato della Difesa italiana, oltre agli allarmi che ormai da settimana arrivano da ogni parte degli ambienti militari. Una cosa è certa, al di là dei numeri e dei dati asciutti l’Italia ad un’aggressione su larga scala come quella che ha coinvolto l’Ucraina non durerebbe più di qualche giorno.



I dati della difesa italiana: quanto dureremmo in una guerra contro la Russia?

Insomma, la difesa italiana non versa in una buona situazione e secondo Alessandro Marrone (responsabile della delegazione Difesa dell’Istituto Affari Internazionali) i maggiori problemi li sconta l’esercito regolare di terra. Venendo ai numeri: sul nostro territorio si contano 200 carri armati totali, del modello Ariete degli anni ’80, ma solo la metà sono effettivamente operativi e gli accordi firmati con la Germania – che qui vorrebbe produrre 300 Leopard 2 pronti all’uso – non saranno operativi per almeno un decennio; ancora peggio per le munizioni, perché la difesa italiana nell’ultimo anno ha speso 78 milioni a fronte di un budget di 27 miliardi (e in buona parte sono state donate a Kiev), dati che assumono un senso diverso se si conta che l’Ucraina nello stesso anno ha speso 1 miliardo in sole munizioni.



Ma ancora, disponiamo solo di 5 dispositivi Samp-t per la difesa dagli attacchi aerei, in ogni caso inefficienti per la quantità di missili usati in Ucraina o in Medio Oriente, mentre non abbiamo alcun disturbatore utile per contrastare i droni. Leggermente migliori le condizioni della difesa italiana area e marittima, che secondo Marrone sono solo in carenza di missili ma dispongono di alcune tecnologie piuttosto innovative. L’ultimo problema numerico riguarda ovviamente i militari, soprattutto dopo la riduzione decisa nel 2012 dal governo Monti che portò le forze armate da 190mila unità a 150mila.