Di oggi il pronunciamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: la Russia è responsabile dell’assassinio di Alexander Litvinenko. Ma chi era costui? Nato a Voronez il 4 dicembre 1962, egli era una spia russa diventata dissidente. Dopo essersi arruolato nell’Armata Rossa, Litvinenko venne reclutato dal KGB, i temibili servizi segreti dell’Unione Sovietica, poi diventati FSB dopo la fine dell’URSS. Ed è proprio con l’allora direttore dell’FSB, tale Vladimir Putin, nel frattempo divenuto presidente russo, di cui denuncia i metodi oltre i confini della legalità, che Litvinenko entra in rotta di collisione. Arrestato e coinvolto in inchieste penali, Litvinenko nel 2000 fugge con la famiglia dalla Russia e sbarca all’aeroporto londinese di Heathrow. Chiede ed ottiene asilo politico nel maggio 2001, iniziando a collaborare con l’MI6, i servizi segreti britannici, venendo bollato in patria come un “traditore“. La svolta che cambia per sempre la sua vita arriva il primo novembre del 2006: a Litvinenko risulta fatale una tazza di tè. È quella bevuta in compagnia degli ex agenti del Kgb Andrei Lugovoi e Dimitri Kovtun in un bar di Londra. Tempo qualche ora e Litvinenko inizia ad accusare i primi sintomi dell’avvelenamento. Nel giro di pochi giorni le sue condizioni precipitano e né i medici che lo hanno in cura, né i servizi segreti britannici riescono a risalire per tempo alla sostanza che lo ha avvelenato, così da predisporre l’antidoto e salvargli la vita.



LITVINENKO, L’EX SPIA CHE SFIDÒ PUTIN

Poco prima della morte, Litvinenko trova la forza per scrivere una lettera nella quale accusa del suo assassinio Vladimir Putin: conclusione alla quale giungerà anni dopo la stessa inchiesta britannica, oggi confermata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, indicando nel presidente russo il mandante, e negli agenti Lugovoi e Kovtun gli esecutori del delitto. Nel frattempo le analisi sul suo corpo continuano: l’autopsia su Litvinenko viene considerata uno degli esami più pericolosi della storia della medicina legale, ma gli inglesi riescono a risalire alla sostanza con cui è stato avvelenato. Si tratta di polonio 210, un isotopo altamente radioattivo riconducibile a sofisticati laboratori militari di Stato. Tracce della sostanza verranno rinvenute, a distanza di anni, nei luoghi frequentati dall’ex spia. Litvinenko ha pagato le sue accuse all’FSB? Avrebbe dovuto tacere sui piani dei servizi segreti russi per eliminare imprenditori e politici? O ha scontato il fatto di aver accusato Putin di essere il reale mandante delle esplosioni dei condomini avvenute in tutta la Russia nel 1999, orchestrate secondo l’ex spia per giustificare la guerra in Cecenia? Interrogativi che restano, al di là della sentenza odierna, assieme ad un ultimo mistero che ruota attorna alla sua morte. La dichiarazione di Putin alla notizia del suo decesso fu la seguente: “Chi lo ha fatto non è il Signore Onnipotente e Litvinenko non è sfortunatamente Lazzaro“. La vedova dell’ex marito, tempo, dopo, trovò un diario del marito con la frase: “Quando Lazzaro si alza dal letto di morte, nessuno gli ha fatto domande. E’ necessario rispettare il silenzio dei morti“. Nessuno è riuscito ancora a stabilire cosa i due volessero dire.

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