Negli anni, si sa, le scoperte in ambito tecnologico hanno portato l’uomo sempre più avanti, facendo sognare dei traguardi che mai si sarebbero soltanto pensati qualche anno fa. Uno di questi è l’incredibile velocità nella scoperta dello spazio e tutti gli studi connessi a questo campo non ancora esplorato dai “comuni mortali”. Lo spazio è infatti da sempre stato “terra” di conquista degli astronauti, che si sono spinti sempre più in là per capire se oltre al nostro pianeta c’è vita. Gli studi più importanti, di certo, sono quelli portati avanti su Marte.
Da anni si sogna un approdo umano sul pianeta rosso, ma recenti studi sembrano sconsigliarlo. Infatti, secondo quanto riferito da uno studio pubblicato su Nature Medicine, gli scienziati hanno scoperto che l’organismo umano non è fatto per viaggiare nello spazio. Infatti una lunga permanenza nell’orbita terrestre ridurrebbe in modo sensibile il numero di globuli rossi presenti nel sangue, e senza globuli rossi non si va da nessuna parte. Gli astronauti, che sono stati studiati in questa ricerca, portano con sé danni “irreparabili” per anni.
LO SPAZIO NON È DANNOSO PER L’UOMO, LO STUDIO
Secondo quanto emerso dallo studio pubblicato su Nature Medicine, i 14 astronauti seguiti nella ricercatori hanno subito dei danni ai globuli rossi. Ai viaggiatori nello spazio è stato infatti chiesto di espirare a intervalli regolari dentro alcuni contenitori, che sono stati poi sigillati e riportati sulla Terra per le analisi. Gli scienziati hanno quindi verificato la quantità di monossido di carbonio nel respiro degli astronauti, misurando per analogia la quantità di globuli rossi che “muoiono” quando si emette l’aria dai polmoni.
Il risultato è stato sconvolgente: l’anidride carbonica degli astronauti aveva quantità di eritrociti, che diventano inattivi quando un essere umano si trova nello spazio, del 52% superiore a quanto avviene sulla Terra. Ciò comporta la distruzione dei globuli rossi, causando affaticamento, mancanza di fiato e tachicardia. Nello specifico si parla di anemia e emolisi, con astronauti che hanno sofferto di queste patologie anche anni dopo il ritorno sulla terra. Un chiaro messaggio per chi, come Elon Musk o Jeff Bezos, vogliono scommettere presto sui viaggi spaziali verso Marte e non solo.