“Continueremo l’operazione militare anche senza il sostegno internazionale”. La risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu che chiede il cessate il fuoco non è piaciuta a Israele che però, alla fine, ha reagito annunciando che continuerà a bombardare per arrivare a raggiungere il suo obiettivo: eliminare Hamas. E lo farà anche al di là delle dichiarazioni di Biden avverse a Netanyahu. Sarà difficile raggiungerlo al 100 per cento, osserva Vincenzo Giallongo, colonnello dei carabinieri in congedo con all’attivo diverse missioni in Albania, Iraq, Kuwait e Kosovo, ma Tel Aviv, ammesso che riesca a raggiungere il suo obiettivo, si fermerà solo quando avrà raggiunto un sufficiente livello di sicurezza. Quanto ci vorrà è difficile dirlo, probabilmente più delle quattro settimane auspicate dagli americani.
Il pericolo di un allargamento del conflitto adesso sembra venire solo dal confine con il Libano, anche se sarebbero in corso delle trattative per spostare le forze di Hezbollah a nord del fiume Litani, proprio per neutralizzare la pericolosità degli attacchi provenienti da quella zona. Per il dopoguerra, invece, gli israeliani non vogliono trattare né con Hamas né con Fatah, ma con i Paesi dell’area, probabilmente visti come possibili garanti della sicurezza di Gaza, per scongiurare che diventi ancora la base di attacchi contro Israele.
Colonnello, Israele per l’ennesima volta non ascolta l’Onu dopo che l’Assemblea generale ha chiesto il cessate il fuoco: continuerà davvero l’operazione militare senza curarsi del sostegno internazionale, come ha detto il ministro degli Esteri Eli Cohen, anche nonostante le dichiarazioni di Biden contro Netanyahu e il suo esecutivo?
Gli Usa in precedenza, in Consiglio di sicurezza, avevano già messo il veto al cessate il fuoco. Quindi, al di là delle dichiarazioni di Biden, continuano a sostenere Israele: fanno finta di prendere le distanze ma ancora materialmente non le hanno prese. L’ultima risoluzione Onu lascia il tempo che trova perché le Nazioni Unite non hanno veri poteri. Anche per questo gli israeliani andranno avanti: questo conferma la tesi secondo cui non erano all’oscuro dell’attacco del 7 ottobre ma lo hanno sfruttato come pretesto per la resa dei conti con Hamas. Quello che vogliono fare è chiudere con Hamas: le loro posizioni, molto rigide, sul non volere un governo palestinese a Gaza lo dimostrano. L’intenzione è di eliminare Hamas, possibilmente anche Fatah, e poi si discuterà del futuro della Striscia.
Israele attacca al Sud della Striscia ma i combattimenti proseguono anche al Nord, che sembrava già bonificato: distruggere Hamas potrebbe essere più difficile del previsto?
Credo sia più difficile di quello che pensano. Hamas ha usato i finanziamenti per realizzare i tunnel e armarsi. Uomini ne ha. Anche la dichiarazione degli Usa per cui i combattimenti dureranno un altro mese in realtà è solo un loro auspicio. Sulla vittoria di Israele non ho dubbi, anche perché gli altri Paesi del Medio Oriente vogliono tenersi lontani da questa polveriera. Così è per Giordania, Egitto, e al di là dei proclami, anche per l’Iran. Gli unici che potrebbero rappresentare un pericolo sono gli uomini di Hezbollah. Il conflitto potrebbe allargarsi lì.
Secondo il Jerusalem Post, tuttavia, Israele sta trattando diplomaticamente, appoggiandosi anche a Gran Bretagna e Francia, per un allontanamento di Hezbollah dalla linea del fronte. Si tratta di un gruppo sostenuto dagli iraniani: può alzare lo scontro con Tel Aviv senza il beneplacito di Teheran?
Hezbollah non è completamente sotto il controllo iraniano, non è escluso che ci siano sacche autonome che vogliono continuare una guerra di logoramento di Israele. Le trattative cercano di riposizionare Hezbollah e garantire un certo margine di sicurezza, non escluderei che qualche frangia integralista, però, continui.
Gli israeliani riusciranno a controllare totalmente la Striscia di Gaza come dicono di voler fare?
Il controllo ci sarà, bisogna vedere in che percentuale: sacche di resistenza ci saranno sempre, non si possono eliminare tutti i fanatici di Hamas. Faranno dei conti, capiranno di aver eliminato il 70-80-90 per cento della presenza terroristica, la percentuale che riterranno sufficiente. Il 100 per cento non si può raggiungere. Raggiunto il livello di controllo che avranno deciso, senza farsi influenzare da nessuno, neanche dagli americani, cominceranno le trattative. Senza parlare con Hamas e Fatah, con un tavolo più alto.
Quindi con chi vogliono discutere il futuro di Gaza?
Con il Qatar, ad esempio, e aprendo un tavolo allargato ai Paesi vicini, interlocutori più credibili di terroristi come Hamas. Lo farebbero partendo da un punto di forza, dal controllo di Gaza. Discutere con uno Stato è più credibile.
Se però Hamas è distrutta all’80 per cento vuol dire che qualcuno può ancora ricominciare ad attaccare Israele: come si scongiura questo pericolo?
Dagli altri Paesi Israele vuole garanzie che non fomentino più il terrorismo di Hamas. Vogliono trattare chiedendo di avere queste assicurazioni. Un obiettivo che vedo raggiungibile con il Qatar, con tutti i Paesi, meno che con l’Iran.
(Paolo Rossetti)
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