Tutto avremmo pensato di chiedere a Babbo Natale, tranne un vaccino anti Covid, ma è quello che troveremo sotto l’albero secondo il professor Franco Locatelli. «Credo che la prossima settimana due vaccini che usano la metodologia dell’Rna virale saranno sottoposti all’approvazione dell’Ema e potremmo avere i primi due sieri come regalo di Natale». Lo ha rivelato a “Che tempo che fa”, spiegando che dal 15 gennaio potranno partire le prime somministrazioni alle categorie più esposte. I due candidati vaccini sarebbero quello di Pfizer e Moderna, giunti entrambi allo stadio finale. Mentre il presidente del Consiglio superiore di sanità e membro del Comitato tecnico scientifico parlava in collegamento su Rai3, Andrea Crisanti interveniva a “Non è l’Arena” di Massimo Giletti su La7. «Ho detto che vorrei essere sicuro che questo vaccino sia stato opportunamente testato e che soddisfi tutti i criteri di sicurezza ed efficacia perché gran parte di questa ricerca è fatta con quattrini pubblici e io i dati non li ho visti. Se non li conosco, non mi vaccino».
CRISANTI “NON SONO L’UNICO PERPLESSO SU VACCINI…”
Il professor Franco Locatelli ribadiva la sicurezza dei candidati vaccini arrivati alla fase finale, il virologo Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova, si difendeva dalle critiche ricevute, tra le quali pure quella dello stesso Locatelli. «Non mi sembra di chiedere una cosa assurda, vorrei trasparenza e visione dei dati, vorrei capire come è fatto quel campione e se ci sono sbilanciamenti». Poi ha spiegato il motivo per il quale sarebbe stato attaccato: «Perché l’ambiente scientifico italiano è provinciale». Dopo aver ribadito la legittimità della sua richiesta e delle sue perplessità, ha spiegato che anche «il direttore del British Medical Journal è stato molto critico sulle procedure». Così pure quello di Nature. A proposito del vaccino sviluppato da Pfizer-Biontech, Crisanti ha affrontato su La7 la questione relativa alla distribuzione a -80°. «C’è da dire che non siamo pronti come la Germania, ma la maggior parte degli ospedali italiani ha dei frigoriferi a -80 quindi in una prima fase si potrebbe pensare di usare queste celle in stock».