IL MISTERO DEL LOCKDOWN CINESE A SHANGHAI: “MUOIONO DI FAME”
«Non lasciamoci turlupinare. Xi Jinping non ce la sta raccontando giusta»: Renato Farina non ci sta e prova su “Libero Quotidiano” a far emergere in maniera ancora più netta la situazione potenzialmente “esplosiva” che sta accadendo a Shanghai.
Dal 28 marzo scorso è piombato sulla megalopoli della Cina il lockdown duro: solo una minima parte dei 25 milioni di residenti è autorizzata ad uscire e ora, dopo due settimane di “arresti domiciliari” i cittadini stanno terminando le scorte alimentari dando vita anche ad alcuni spiacevoli assalti ai negozi. Con alcune migliaia di contagi in tutta la Cina e con – attenzione bene – nessun morto per Covid-19, il Governo comunista ha deciso di chiudere tutti con rigidità ben peggiori delle già insostenibili regole nel lockdown di Wuhan. «Perché? C’è qualcosa che non ci dicono sulla capacità di rinascere del virus dalle sue ceneri, con una invasività e una potenza sulle quali l’unica certezza è che non vengono fornite informazioni?», si chiede il giornalista ed ex deputato FI.
RENATO FARINA: “RABBIA CRESCE IN CINA, SACCHEGGI E…”
A differenza del passato però, alcune sacche di resistenza iniziano a scorgersi – riportate da alcune coraggiose testimonianze locali presso social e siti svizzeri che hanno aggirato la censura cinese – con Shanghai che non ci sta a proseguire con il lockdown più duro dall’inizio della pandemia.
La variante XE “esplosa” a Shanghai ha generato circa 20mila casi al giorno, con più di mille asintomatici: ebbene, scrive Farina citando fonti dai video “clandestini”, per tutti è disposto il ricovero coattivo. Per chi invece è sano non può comunque uscire di casa: in molti iniziano a chiedersi a livello internazionale se la Cina non stia tentando di nascondere (nuovamente?, ndr) un virus ancora più contagioso, visto il lockdown estremo e coatto in corso d’opera. Al di là di cosa potrebbe nascondersi dietro una scelta così dura presa dalle autorità comuniste, il problema principale ad oggi riguarda la situazione sociale dei residenti rinchiusi in casa da due settimane: «Molte famiglie riescono a mangiare solamente una volta al giorno perché trovare verdure, uova, carne e acqua in bottiglia sta diventando difficile», spiega un ricercatore italiano contattato da “Libero Quotidiano”, ovviamene rimasto anonimo per il forte rischio che incorre nel raccontare la situazione di Shanghai. Diversi video che “corrono” sul social Weibo mostrano anche assalti e saccheggi notturni nei negozi alimentari: altra denuncia raccolta da Farina è ancora più inquietante, «I supermercati sono chiusi o vuoti. Cosa mangiamo? Cosa beviamo? Non possiamo lavo- rare. Non ho più denaro, non so più come pagare i miei dipendenti. State conducendo la gente alla morte! Io vivo a Shanghai e non vedo la mia famiglia da due mesi!». Secondo molte persone rinchiuse a Shanghai il problema principale è anche la distanza forzata dai propri affetti, dalla propria famiglia: «Mia mamma vive sola: chi si prenderà cura di lei? Cosa può bere, cosa può mangiare? Questa sarebbe l’umanità delle autorità di Shanghai? Non state facendo niente, e per noi questa non è più vita. Non c’è nessuna via d’uscita per me, per noi, per nessuno in questa città. Dov’è il Partito comunista? Dov’è il comunismo? Cosa ne sarà del- la povera gente? Il Governo mente».Viene da chiedersi se in Cina davvero preferiscano far morire di fame i propri cittadini pur di non farli infettare: la rabbia cresce, il “mistero” sanitario pure, ma è l’inquietudine per l’ennesima barbarie civile della Cina – passata “sotto traccia” qui in Occidente – a preoccupare maggiormente.