La posizione dell’ex procuratore di Milano Francesco Greco, indagato a Brescia per omissione di atti d’ufficio, è stata archiviata dal gip Andrea Gaboardi. Greco, indagato in relazione ai verbali in cui l’ex consulente legale dell’Eni Piero Amara parlava della presunta loggia massonica “Ungheria”, è andato in pensione lo scorso novembre e più volte è stato sentito dai colleghi di Brescia per spiegare la propria versione dei fatti e difendersi dalle accuse piovute nel corso dell’indagine che ha visto al centro Amara.



Il gip Andrea Gaboardi ha accolto la richiesta avanzata lo scorso ottobre dal procuratore Francesco Prete e dal sostituto Donato Greco. L’indagine era stata aperta lo scorso luglio come atto dovuto dopo che il pm di Milano Paolo Storari, accusato di rivelazione di segreto d’ufficio per aver trasmesso i verbali all’allora consigliere Csm Piercamillo Davigo, aveva lamentato l’inerzia dei proprio superiori Greco e Pedio nell’iscrivere la notizia di reato.



LOGGIA UNGHERIA, IL CASO AMARA E LE INDAGINI CHIUSE

Nella motivazione che ha portato all’archiviazione della posizione dell’ex capo dei pm milanesi Francesco Greco si legge che i giudici hanno valutato che le iscrizioni nel registro degli indagati avrebbero potuto essere fatte in autonomia dal sostituto procuratore o dal procuratore aggiunto. Per tale motivo resta quindi indagata Laura Pedio, la procuratrice denunciata da Davigo.

Lo scorso 23 novembre, il procuratore Francesco Prete e il pm Donato Greco avevano confermato la richiesta di rinvio a giudizio per l’ex consigliere Csm Piercamillo Davigo e il pm milanese Paolo Storari, con l’atto giunto in mano dal gip che vedeva scritto richiesta di processo per “rivelazioni di segreto”. tra le successive rivelazioni di segreto imputate a Davigo si trovano anche l’invio delle carte al vicepresidente del Csm David Ermini, membro del Comitato di Presidenza del Consiglio Superiore. Come rilevato dallo stesso ex Pd nella deposizione ai pm di Brescia, Ermini ricevette da Davigo anche copia dei verbali che però poi distrusse ritenendoli «irricevibili», pur avendone comunque parlato con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.