Chi pensava che con la condanna di Luca Palamara il caso Csm fosse chiuso, avrà adesso materiale probabilmente più interessante per andare a fondo della mala giustizia che imperversa nel Csm stesso e nella procura di Milano. Spuntano i verbali dell’avvocato Piero Amara, al lavoro per conto dell’Eni, già condannato e inquisito, considerato l’inventore del “metodo Siracusa” per dirottare inchieste scomode, aiutare o mettere nei guai poliziotti, avvocati, magistrati. Non solo: Amara parla di una “loggia Ungheria” di cui avrebbero fatto parte avvocati e magistrati, una associazione di tipo massonico con l’intento di condizionare nomine e affari che prende il nome da Piazza Ungheria a Roma dove avvenivano le riunioni.



A gettare poi ombre oscure sulla procura di Milano è il ruolo del pm milanese Paolo Storari, che non solo ha fatto uscire i verbali dal computer di Amara senza essere stati vistati e firmati dai magistrati, come ci ha detto Frank Cimini già corrispondente de Il Mattino di Napoli, veterano della cronaca giudiziaria e fondatore del blog “giustiziami, dandoli poi a Piercamillo Davigo. “Nessuno dei due ha fatto denuncia formale al Csm come avrebbero dovuto, e sostengono di aver parlato con chi di dovere. Intanto questi verbali sono arrivati ‘anonimi’ nelle redazioni di Repubblica e di Domani”.



Tutto nasce dal pluri-indagato avvocato Piero Amara, un tempo dipendente di Eni e per questo coinvolto nel processo delle presunte tangenti. Chi è oggi Amara?

A inizio 2018 venne arrestato per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e alla corruzione in atti giudiziari. Condannato, venne scarcerato poco dopo e si mise a collaborare con molte procure di tutta Italia, ma non si è mai appurato se abbia detto cose vere o no. Il problema è verificare questo.

È anche accusato di aver aiutato l’ex premier Giuseppe Conte a ottenere una consulenza per il gruppo Acqua Marcia, vero?



Sì, il problema era che Conte avrebbe lavorato con due società che erano in contrasto, una beneficiava dei guai dell’altra. Insomma, un conflitto di interessi come avvocato.

Adesso spuntano fuori i suoi verbali in cui si parla di una loggia, la loggia Ungheria. Di cosa si tratta?

Al momento non sappiamo ancora molto. Amara dice che è una loggia massonica di cui fanno parte avvocati e magistrati. Ci sarebbe stata una cena a casa di un potente magistrato. È tutto da scoprire, stanno indagando sia Roma che Perugia e pare Brescia. Il problema però è che tutta questa storia viene fuori subito dopo l’assoluzione di Scaroni e Descalzi per il processo Eni.

Cioè?

È venuta fuori una discussione su whatsApp in cui il pm milanese Paolo Storari dice a Francesco Greco (procuratore della Repubblica di Milano, ndr), “Francesco, non ci prendere in giro perché di questa cosa bisognerà parlarne”. Storari si lamentava che non fosse stata avviata subito un’indagine sull’attendibilità di Amara e altri due che già un anno fa erano stati indagati e con Cantone, capo della procura di Perugia, era stato deciso che fosse proprio Perugia a coordinare le indagini.

Quindi la procura di Milano era tagliata fuori?

Il contrasto a livello della procura di Milano c’era, perché al di là di Storari non mancavano magistrati che erano scettici sulla validità dell’impianto accusatorio nel processo Eni.

In che senso?

Nel senso che si può pensare, chiacchierando al bar, che l’Eni abbia pagato delle tangenti, ma nel momento in cui dall’Eni partono dei soldi su conti ufficiali del governo della Nigeria è ben difficile dimostrare che fosse corruzione. Quindi queste perplessità all’interno della procura vengono esplicitate in questa discussione su whatsApp con quelle poche parole. Oggi viene fuori che c’era già stata la decisione di indagare su Amara, perché Amara è considerato il terzo della corona nel processo Eni, che poi è finito con l’assoluzione. Il sospetto di Storari era che la procura di Milano volesse proteggere il suo testimone.

Poi Storari dà i verbali a Davigo perché, dicono, in procura non gli permettevano di indagare.

Storari poteva presentare una formale denuncia al Csm in cui parlava di questa situazione. Siccome però è molto amico di Davigo, si mette d’accordo con lui e gli dà i verbali, che prende direttamente dal suo computer, non sono quindi verbali formali con timbri e firme dei magistrati, e li dà a Davigo, il quale a sua volta non presenta denuncia. Dice che ha avvertito chi di dovere, ma non formalmente. Adesso, se li ha consegnati al vicepresidente del Csm, risponderà nelle sedi competenti. È tutto troppo strano: magistrati di quel calibro devono agire con denunce formali, invece avvertono in base a rapporti privati, e questo non va bene.

Il vicepresidente del Csm, David Ermini, si è messo in contatto con il Quirinale, è così?

Ermini ne ha parlato per forza con Mattarella, che si tiene fuori da questa storia, ma non può starne fuori. È un altro che aveva gli strumenti per intervenire, anche se non aveva ricevuto informazione formale. I suoi consiglieri sapevano sicuramente di questa cosa, secondo me anche lui. Hanno fatto finta di niente fino a ieri.

Ermini e il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, adesso sono intervenuti con due note ufficiali. Salvi parla di gravi violazioni e dice che aprirà una inchiesta disciplinare. La procura di Milano e il Csm finiscono di nuovo nella tempesta?

Le gravi violazioni di Storari e Davigo ci sono. È stata accusata e sospesa Marcella Contraffatto, impiegata del Csm sospettata di aver fatto avere i verbali ai giornali, ma può essere possibile? Se anche lo fosse, qualcuno glieli deve aver dati. Il Fatto Quotidiano e Repubblica, che pubblicano qualunque verbale che possa infangare chiunque, a questo punto si fermano dicendo di averli avuti in forma anonima. No, tutto questo è molto strano.

Intanto Francesco Greco dice che non ci sono spaccature nella procura di Milano…

Mette la polvere sotto al tappeto. Mi fanno ridere una serie di personaggi, giornalisti, avvocati, che manifestano nostalgia per i tempi di Mani Pulite. No, Mani Pulite era anche peggio, i guai che hanno combinato, non solo su Berlusconi, sono tanti. Non è che adesso possono cavarsela dicendo che con Borrelli tutto questo non sarebbe successo. No, con Borrelli è successo di peggio, inquinamento continuo di prove per decidere chi indagare. È il seguito del caso Palamara, che dimostra che c’era un caso magistratura che continua con questa storia che ruota attorno al processo Eni. E succederà ancora di peggio quando usciranno le motivazioni.

(Paolo Vites)

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