Siamo ancora lontanissimi dallo scoprire l’esatta verità sulla Loggia Ungheria che potrebbe sottendere decine di magistrati, politici e imprenditori: dopo il disvelamento dei verbali dell’avvocato Piero Amara, lo scandalo giustizia iniziato con il caso Palamara si allarga sempre più ma ancora senza sapere se si tratti di un’intera “bufala” ordita dall’ex legale di Eni (che ha patteggiato 4 anni e 3 mesi di carcere per aver corrotto giudici da cui comprava sentenze) o di un’effettiva loggia massonico-giudiziaria segreta che condizionava i lavori di Procure e politica.



Oggi sul “Domani” Emiliano Fittipaldi torna sul “luogo del delitto” (dopo aver sollevato per primo il caso “Ungheria” svelando alcuni verbali di Amara contro Giuseppe Conte) e prova a raccontare nel dettaglio come funzionano le relazioni e gli avvicinamenti tra i magistrati “affiliati” – sempre secondo Amara – alla loggia. «Sei mai stato in Ungheria?»: secondo Piero Amara era questa la “parola d’ordine” per riconoscere i “fratelli” della medesima loggia. «Se la persona non rispondeva alla domanda, significava che l’interlocutore – a cui si doveva pure premere per tre volte l’indice sul polso – era effettivamente un affiliato alla loggia coperta chiamata appunto “Ungheria”», spiega Fittipaldi leggendo le carte dei verbali.



COME FUNZIONAVA LA (PRESUNTA) LOGGIA UNGHERIA

L’ex lobbista Amara ha raccontato un anno e mezzo fa ai magistrati di Milano e Perugia (ora titolari dell’indagine, ndr) che negli incontri della loggia vi erano veri e propri cenacoli, incontri carbonari, “segni di riconoscimento” in pieno stile massoneria. A coinvolgerlo nella loggia, secondo l’avvocato imputato che sta mettendo sotto sopra Csm e Davigo, un giudice siciliano come Giovanni Tinebra (ex procuratore Caltanissetta): il problema è che quel magistrato è morto nel 2017 e non potrà mai dunque confermare o smentire la versione di Amara. Una delle missioni della presunta loggia era quella di contrapporsi al “giustizialismo dilagante della magistratura italiana” e per questo vi facevano parte diversi membri togati di Mi, la corrente più moderata già travolta dallo scandalo Palamara. Chi veniva “sverginato” (affiliato) alla loggia doveva «lavorare a piazzare gli adepti di “Ungheria” nei palazzi del potere», al fine di smuovere le nomine del Csm e delle più importanti procure di Italia. Diversi poi i passaggi riportati dall’avvocato lobbista tra ulteriori trame, “movimenti” e favori avvallati anche all’interno del Consiglio Superiore di Magistratura. Secondo gli inquirenti però – conclude Fittipaldi – Amara «mischia elementi autentici, altri inverosimili e molti difficilmente riscontrabili». Una fonte vicina al dossier Ungheria (che prende il nome dalla piazza di Roma dove si sarebbero tenuti diversi incontri della presunta loggia, ndr) spiega al “Domani” «Amara e Calafiore (socio avvocato, ndr) o sono depilatori professionisti e allora devono essere accusati di calunnia aggravata, o il Paese è davvero in mano a logge che ricordano da vicino la P2». Ora sta a Raffaele Cantone a Perugia risolvere l’intricato caso, sapendo però che per un anno e mezzo quelle carte erano in mano prima ai pm di Milano, poi ad un membro del Csm come Davigo ma è stato decisa la strada del “silenzio”, l’unica non ammessa in teoria dalla legge.

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