Le «autostrade del mare» e il trasporto ferroviario come assi portanti di una logistica sostenibile. La modernizzazione delle navi per metterle in grado di trasportare su lunghe tratte più camion che vengono così tolti dalla strada. Un sistema virtuoso di recupero delle emissioni dei mezzi di trasporto. Sono alcuni dei cavalli di battaglia di Alis, l’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile, che riunisce 1.850 aziende del settore, per un totale di oltre 210mila lavoratori, un parco veicolare di 190 mila mezzi, più di 142mila collegamenti marittimi annuali, 205mila collegamenti ferroviari, con un fatturato aggregato di 46 miliardi di euro.



Oggi (24 maggio) prende il via da Roma un tour che farà poi tappa nelle prossime settimane a Napoli, Manduria e Catania, promosso da Alis per rilanciare la centralità del Sud nello sviluppo di un sistema logistico efficiente e competitivo per tutto il Paese. Per raggiungere questo obiettivo è decisivo ridurre il gap infrastrutturale del Mezzogiorno, come spiega il vicepresidente e direttore generale di Alis Marcello Di Caterina. 



Il trasporto intermodale come fattore portante della sostenibilità. È solo una buona intenzione o ci sono già risultati concreti e misurabili? 

I risultati ci sono già e sono molto incoraggianti. Abbiamo spostato dalla strada verso il ferro e il mare oltre 5,6 milioni di camion in un anno pari a oltre 134 milioni di tonnellate di merci. Questo ha portato un beneficio in tema di abbattimento di CO2 pari a 4,8 milioni di tonnellate e puntiamo ad arrivare entro l’anno a 5 milioni grazie alla previsione di crescita potenziale del 3% del traffico merci Ro-Ro, cioè dei camion che vengono imbarcati sulle navi. La sostenibilità per Alis però non è solo ambientale, ma anche economica, sociale, riguarda i livelli di sicurezza. Ebbene abbiamo fatto un calcolo che sono stati risparmiati grazie al trasporto intermodale circa 2,2 miliardi di euro all’anno di costi di esternalità. E c’è poi un ulteriore dato, con questo tipo di trasporto le famiglie italiane hanno risparmiato 3,4 miliardi di euro. Questo la dice lunga sul senso dell’impegno di Alis a valorizzare sempre di più il trasporto intermodale marittimo, ferroviario e, ovviamente, stradale. 



Il forte aumento del costo delle materie prime vi sta penalizzando? Come lo state gestendo?

C’è stato un rimbalzo importantissimo dei prezzi del Brent, dell’Ifo (l’olio combustibile usato come carburante sulle navi) e del gasolio. Incrementi che vanno dal 305% per il Brent al 450% per IFO e gasolio e che hanno avuto una ripercussione diretta sul costo dei noli delle navi contenitori che in alcuni casi addirittura sono cresciuti di circa il 400%, mentre invece il trasporto RoRo, quindi dei rotabili sulle navi, ha visto un aumento solo del 20%. Ciò dimostra che questo è il settore più resiliente rispetto agli altri, in grado di garantire una continuità economica al Paese.

Come valutate il Green Deal europeo? A vostro giudizio sono necessarie modifiche? 

Le nostre aziende sono particolarmente sensibili ai segnali che arrivano in tema di sostenibilità ambientale. Negli ultimi tempi, prima per la pandemia poi per la guerra, è stata messa un po’ in secondo piano rispetto alla sostenibilità economica per le tensioni sui prezzi che si sono determinate, ma ciò non toglie che il percorso intrapreso sulla decarbonizzazione rimane valido. L’obiettivo resta emettere sempre meno CO2 o, meglio, valorizzare l’anidride carbonica. Oggi esistono già diverse aziende del settore marittimo che stanno investendo in tale direzione, cito ad esempio quella del Presidente di Alis, il Gruppo Grimaldi, che ha varato 12 navi di nuova generazione a emissioni zero in porto. Per le loro manovre in porto sono alimentate a batterie, che vengono ricaricate durante la navigazione sia mediante il recupero del moto ondoso con una carena forata, sia con pannelli solari posizionati sui ponti esterni. In più queste nuove navi caricano 500 camion, mentre prima si arrivava al massimo a 300. Ma investimenti di questo tipo si stanno facendo anche nel settore del trasporto stradale e di quello ferroviario. La partecipazione delle aziende a questo processo di cambiamento quindi c’è, ma deve essere accompagnata da un sistema di norme virtuoso. 

Quindi bene le linee di fondo ma va verificata l’applicazione a livello normativo… 

Nell’ambito del Green Deal c’è il pacchetto Fit for 55 in merito al quale c’è una proposta legislativa dell’Eu Ets che include il trasporto marittimo in un nuovo sistema di tassazione che rappresenta un problema per le compagnie armatoriali. Infatti, qualora queste non riuscissero ad assorbire gli extra costi o a ribaltare la tassazione prevista dall’Ets sui clienti, si correrebbe il rischio di avere un deficit intermodale, cioè di riportare milioni di camion dalle navi alle strade in controtendenza con il lavoro portato avanti dall’Unione europea. È un pacchetto che va a tassare le emissioni anche di chi è virtuoso nell’innovazione del suo mezzo di trasporto. Dobbiamo evitarlo perché altrimenti corriamo il rischio che questa ipertassazione possa poi generare costi troppo alti che il trasportatore non riuscirà ad assorbire. Tenga conto che oggi molte di queste aziende stanno già lavorando non solo per emettere meno ma anche per catturare le emissioni di CO2 e poterle poi riutilizzare. Questa è la vera sfida del futuro. 

Oggi parte il vostro tour che si sviluppa in quattro tappe concentrate soprattutto nel Mezzogiorno. Ma proprio il Sud non presenta un gap infrastrutturale molto forte per lo sviluppo di un’intermodalità sostenibile? 

Infatti, vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica, il Governo, le istituzioni proprio per cercare di essere al fianco di queste imprese che hanno necessità di contare su infrastrutture che favoriscano un trasporto adeguato ai tempi e alla competitività dei mercati. Vogliamo raccontare quanto Alis sta facendo, portare le istanze del nostro settore perché insieme ai decisori politici si possa ragionare sull’importanza di accelerare alcune opere infrastrutturali indispensabili per far ripartire veramente il Sud. È inutile nasconderlo, oggi ciò che avviene al Nord, dove c’è una rete infrastrutturale molto efficiente, non accade al Sud. 

State guardando con grande interesse alle Zes, le zone economiche speciali. Potrebbero essere strategiche per lo sviluppo di un nuovo sistema di trasporto?

Le Zes possono essere una grande opportunità, ci sono state da poco le nomine dei commissari da parte del ministro Carfagna. Siamo all’inizio di un percorso; i benefici fiscali per le aziende che si insedieranno in queste aree saranno un acceleratore di processo per lo sviluppo di questi territori. È evidente però che non basta fare la norma, sono territori che poi hanno bisogno di essere seguiti. In Italia siamo tutti bravi a far partire progetti che poi improvvisamente vengono abbandonati a se stessi, e anziché creare sviluppo hanno esattamente l’effetto contrario.

(Piergiorgio Chiarini)

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