L’inflazione negli Stati Uniti a luglio è cresciuta del 3,2% su base annua, dopo il +3% registrato a giugno. Un lieve incremento, dunque, tuttavia inferiore alle aspettative (+3,3%). Come ci spiega Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, ora Direttore del Policy Observatory della Luiss, «la variazione mensile è stata dello 0,2% e il lieve incremento rispetto al mese precedente, quando era del 3%, riflette questioni in larga parte statistiche. Occorre in ogni caso ricordare che nel giugno dello scorso anno, l’inflazione toccava il suo punto di massimo superando il 9%».
Cosa farà la Fed a questo punto nella prossima riunione del Fomc di settembre?
Per comprendere cosa farà la Fed nella riunione prevista per la fine di settembre bisogna considerare cosa sta accadendo alle varie componenti dell’indice dei prezzi, a partire dalla componente “core”, che depura il paniere dalle componenti energetiche e alimentari, tipicamente più volatili. Tale sotto-paniere ha mostrato lo stesso incremento mese su mese (dello 0,2%) rispetto a giugno – in sostanza, pari alla metà della variazione mensile osservata in ciascuno dei mesi precedenti da marzo a maggio -. Nel complesso, l’inflazione core appare stabilizzarsi gradualmente, pur confermando la sua vischiosità. Pertanto, non fornisce supporto a chi, all’interno del Fmoc, intende argomentare a favore di ulteriori restrizioni. Naturalmente, ci sarà almeno un altro dato mensile sino alla fine di settembre che potrebbe, almeno in parte, alterare questa valutazione.
Il Simposio di Jackson Hole, che prenderà il via tra circa due settimane, è tradizionalmente un appuntamento molto atteso per capire come si muoveranno le Banche centrali. Quest’anno, a suo avviso, a quali aspetti occorrerà guardare con attenzione?
Anche quest’anno l’agenda del Simposio sarà particolarmente densa. Tra gli aspetti che attireranno l’attenzione dei banchieri centrali del mondo, vi sarà senz’altro l’esigenza di capire meglio la relazione dinamica tra inflazione core e indice generale dei prezzi. Le prospettive dei prezzi dei prodotti alimentari richiameranno anch’esse l’attenzione dei partecipanti. Purtroppo, i recentissimi attacchi russi all’infrastruttura portuale di Odessa hanno compromesso la già risicata capacità ucraina di esportare i propri cereali. L’impatto è stato, poi, amplificato dai bombardamenti sui porti fluviali lungo il Danubio, una rotta che gli ucraini pensavano di utilizzare in alternativa. Kiev ha reagito a questa ennesima, efferata violenza attaccando alcune infrastrutture portuali russe nel Mar Nero, identificandone altre ancora che presumibilmente verranno attaccate a breve. Il punto è che da questi porti viene esportata larga parte dei cereali russi. Il Fmi stima che i prezzi agroalimentari potranno subire aumenti pari al 10-15% a livello mondiale nel prossimo anno. Infine, il recente downgrade del Tesoro americano da parte di Fitch sarà un altro tema.
Anche se non si tratta del primo downgrade subito dagli Stati Uniti?
È vero che S&P aveva già abbassato il rating nel 2011, ma le condizioni odierne sono strutturalmente diverse sotto molteplici dimensioni. In ogni caso, la decisione di Fitch segnala uno spartiacque tra la fase emergenziale dominata dalla pandemia e dall’attacco russo all’Ucraina a una in cui i mercati intendono disciplinare le finanze pubbliche del maggior emittente mondiale e, presumo, anche di altri.
Ieri è stato diffuso anche il Bollettino economico della Bce, nel quale l’Eurotower riconosce che il rialzo dei tassi ha contribuito a inasprire le condizioni del credito, che costituiscono un freno alla domanda, “che rappresenta un fattore importante per riportare l’inflazione all’obiettivo”. La strategia di frenare la domanda si può rivelare realmente efficace se l’inflazione non è da domanda?
Dal Bollettino emerge una fotografia abbastanza impietosa dello stato dell’economia dell’Eurozona. A fronte del secondo trimestre dell’anno che ha esibito una crescita modesta (con l’Italia in contrazione a -0,3%), la Bce ammonisce che il terzo trimestre mostrerà una dinamica congiunturale ancora debole, riflettendo il calo del settore manifatturiero a sua volta riconducibile allo stato dell’economia mondiale. In sostanza, la domanda interna si è indebolita come confermano numerosi indicatori congiunturali. A fronte di una dinamica inizialmente prevalentemente esogena, ora l’inflazione è sospinta da fattori in larga parte interni. Tuttavia, le aspettative di medio periodo risultano, nel complesso, allineate al target inflazionistico della Bce, pari al 2%.
Come ha detto recentemente Panetta, la Bce potrebbe non optare per un rialzo dei tassi, ma lasciarli invariati per un certo periodo di tempo. Si tratterebbe, comunque, di una politica monetaria restrittiva. Come contrastarne, in Italia, gli effetti?
Lasciare invariati i tassi in un contesto in cui l’inflazione cala, sia pure gradualmente, significa comunque restringere la postura di politica monetaria, dal momento che i tassi reali aumentano al diminuire dell’inflazione. Per l’Italia, si tratta di mitigare l’impatto depressivo sugli investimenti privati, assicurando che quelli pubblici vengano scaricati a terra nei modi e nelle tempistiche previste; se del caso, anche rafforzando l’infrastruttura strategica del Paese con ulteriori progetti, nella misura in cui questo sia fattibile e non rimanga semplicemente sulla carta.
Nel Bollettino si fa anche riferimento al fatto che entro l’anno dovrebbe essere definita la riforma della governance economica dell’Ue. Come evitare che il nuovo Patto di stabilità amplifichi gli effetti recessivi della politica monetaria restrittiva considerando che, come detto, i tassi potrebbero rimanere elevati per un periodo non breve?
Nella sua proposta iniziale, la Commissione si era concentrata su un principio di flessibilità nel breve-medio termine, fermo restando che il punto di arrivo per i Paesi a elevato debito debba necessariamente prevedere una riduzione del rapporto debito/Pil. A mio avviso, se questa impostazione verrà salvaguardata, sarà difficile per qualsiasi Governo crearsi alibi e addossare la responsabilità di un mismanagement fiscale a Bruxelles.
(Lorenzo Torrisi)
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