Andrea Dini, cognato del governatore della regione Lombardia Attilio Fontana, e il dg della centrale unica degli acquisti della Regione, Aria Spa, Fabrizio Bongiovanni, sono al momento essere sotto indagine da parte della procura di Milano con l’accusa di “turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente”, in merito all’inchiesta riguardante la fornitura di camici e di materiale alla Lombardia per un valore da 513mila euro. Ad apprendere la notizia sono i colleghi dell’agenzia Ansa, che hanno altresì spiegato che i pm hanno ascoltato come testimoni anche l’assessore Raffaele Cattaneo, e Francesco Ferri, presidente di Aria. Nel mirino vi sarebbe la Dama spa, società a cui capo vi è appunto il cognato di Fontana nonché Roberta Dini, la moglie di Andrea. All’azienda di moda, che è produttrice anche del noto marchio Paul&Shark, la regione Lombardia aveva chiesto ad aprile una fornitura importante di camici, e gli inquirenti vogliono capire come abbia fatto Dama spa ad ottenere le autorizzazioni in breve tempo, nonostante l’iter per queste “concessioni” sia solitamente lungo e complesso.



FORNITURA DI CAMICI IN REGIONE, ANDREA DINI INDAGATO: TUTTO E’ PARTITO DA REPORT…

I pm Luigi Furno, Carlo Scalas e Paolo Filippini, hanno interrogato diversi funzionari della Regione, e come detto sopra anche l’assessore Cattaneo e Francesco Ferri, numero uno di Aria, audizioni con l’obiettivo di chiarire se la Dama dovesse sottoscrivere il “Patto di integrità”, scrive La Stampa, con la relativa dichiarazione sui conflitti di interesse, ed inoltre, per cercare di capire chi fosse al corrente della parentela fra il presidente Fontana e Dini. A far emerge la vicenda era stata la trasmissione di Rai Tre, Report, che il 15 maggio era andata ad intervistare Fontana: “Un colloquio – scrive La Stampa – che però, secondo la ricostruzione del pool di magistrati, guidati dal procuratore Aggiunto Maurizio Romanelli, avrebbe insospettito il governatore”. Il 20 maggio Dini aveva stornato la fattura indirizzata ad Aria, sottolinea ancora il quotidiano piemontese, avvisando l’azienda pubblica di aver deciso di “trasformare il contratto di fornitura in donazione”. Dini, intervistato dal giornalista, aveva spiegato che era stato un errore, e che si era sempre trattato fin dall’inizio di una donazione.

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