Nino Cartabellotta, portavoce del GIMBE, è tornato a parlare in merito ai presunti dati sottostimati da parte della Regione Lombardia in riferimento alla pandemia di Coronavirus nella Regione. L’ha fatto a “Otto e Mezzo”, intervistato da Lilli Gruber, dichiarando quanto segue: “Il numero fornito quotidianamente dalla protezione civile contiene soggetti guariti e dimessi. Solo che i dimessi non sappiamo se sono guariti e quindi dovrebbero essere obbligati a 14 giorni di quarantena. Questo tipo di comunicazione porta a un numero di guariti che distorce il quadro epidemiologico nazionale”. Inoltre, ha spiegato Cartabellotta, la Lombardia non fornisce la disponibilità dei decessi né su base provinciale, né cittadina: questo comporta l’impossibilità di effettuare un’identificazione corretta del dato di mortalità. Vi è poi un terzo aspetto: la comunicazione che viene data rispetto alla percentuale dei tamponi positivi. La Lombardia sul totale tamponi ne conta metà che sono di controllo, effettuati cioè su soggetti già identificati e che devono ripetere l’esame. “È evidente che dal 4 al 27 maggio, quindi in 23 giorni, a fronte di una media di 32 casi per 100mila abitanti, la Lombardia ne ha 96. Bisognerebbe fare molti più tamponi per non entrare in un loop di consistenza del contagio”. (aggiornamento di Alessandro Nidi)



GIMBE: IN ARRIVO LA QUERELA DELLA LOMBARDIA

La fondazione Gimbe attacca la Regione Lombardia sui dati diffusi riguardo il Coronavirus e la sua espansione nei confini regionali: il presidente Nino Cartabellotta lo ha dichiarato al Corriere della Sera, parlando di dati “verosimilmente sottostimati”. Nel momento in cui il Governo deve ufficializzare la riapertura delle Regioni (domani potrebbe arrivare l’annuncio ufficiale), sulla Lombardia si apre un’altra polemica: la zona governata da Attilio Fontana ancora una volta finisce al centro delle polemiche e questa volta è il Gimbe che, parallelamente a qualche dubbio che gli scienziati avevano già espresso, sostiene come la regione non sia pronta a riaprire i suoi confini per almeno quattro motivi. La nota lombarda non si è fatta attendere: si parla di dichiarazioni gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero”, si parla di dati pubblicati in maniera trasparente e comunicati alle Istituzioni e alle autorità sanitarie preposte.



GIMBE: “LA LOMBARDIA SOTTOSTIMA I DATI”

“Nessuno ha messo in dubbio la qualità del nostro lavoro che, anzi, proprio l’ISS ha sempre validato ritenendolo idoneo per rappresentare la situazione della nostra regione” prosegue il comunicato. Che alla fine bolla come inaccettabile il fatto di dover ascoltare “simili affermazioni che ci auguriamo vengano rettificate da chi le ha pronunciate”. Ora, andiamo a vedere quali siano queste affermazioni da parte del Gimbe e i motivi per cui la Lombardia non sarebbe pronta ad aprire. Il primo è che la percentuale giornaliera di positivi sarebbe più alta di quella comunicata. La Regione infatti prenderebbe in esame, sul numero di tamponi eseguiti, anche quelli fatti per confermare la guarigione o come ripetizione del test. Togliendo questi la media lombarda sarebbe del 6%, superiore alla media nazionale che è invece del 2,4% e molto più alta del 1,7% che è la statistica ufficiale della regione.



Il secondo motivo riguarda il numero dei positivi, che la Lombardia starebbe sottostimando: da questo punto di vista il Gimbe sottolinea che nella regione manca un tamponamento massiccio, ci sono 1608 tamponi per 100 mila abitanti e il dato è appena superiore a quello della media nazionale, contro regioni che invece superano i 4000. La fondazione si chiede allora quanti sarebbero i casi riscontrati in caso di tamponamento massiccio. Abbiamo poi il terzo motivo: i nuovi casi giornalieri sono il triplo rispetto alla media nazionale e sono anche i meno conosciuti. Qui il dato lombardo è di 96 contro il 32 in tutta l’Italia, e dunque la curva del contagio non sarebbe sotto controllo. Infine, il quarto motivo: la sovrastima dei guariti. Il dato sarebbe distorto perché comunicato insieme ai dimessi dei quali non è noto lo status di guarigione. Il che significa che i 24037 soggetti che in Lombardia sono infetti potrebbero essere di più. secondo il Gimbe Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna la situazione è molto simile.