C’è un nuovo interessante studio tutto italiano che ha scoperto dei bio-marcatori nei giovani che hanno avuto il covid, che sono indizi della condizione di malessere definita long covid, ovvero, tutta una serie di conseguenze, a volte della durata anche di mesi, che coloro che hanno contratto l’infezione devono subire anche se guariti. Stiamo parlando di astenia, affaticamento, difficoltà nel respirare, perdita di memoria, ansia e depressione. Lo studio pilota è stato coordinato da Marco Fiore e Carla Petrella dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Ibbc), ed ha portato all’individuazione appunto di biomarcatori precoci del long-Covid-19 negli adolescenti.



La ricerca è stata realizzata presso il Policlinico Umberto I dell’Università Sapienza di Roma, in collaborazione con il Dipartimento materno infantile e scienze urologiche e Antonio Minni, Dipartimento organi di senso. Marco Fiore, commentando i risultati di questo studio, ha spiegato: “Abbiamo misurato i livelli di alcuni biomarcatori infiammatori e di due neurotrofine (Ngf e Bdnf), fattori proteici che regolano la crescita, la sopravvivenza e la morfologia dei neuroni, nel siero di una piccola coorte di ragazzi e ragazze che avevano contratto l’infezione durante la seconda ondata della pandemia, tra settembre e ottobre 2020, ma negativi al momento del prelievo”. E ancora: “Abbiamo riscontrato che i livelli sierici di Ngf erano inferiori in tutti gli adolescenti che avevano contratto l’infezione da Sars-Cov-2, rispetto ai controlli sani. La relazione inversa fra livelli di Ngf e sindromi da stress è ampiamente riportata dalla letteratura scientifica”.



STUDIO SUL LONG COVID: VARIAZIONI SIERICHE DI NGF E BDNF UN CAMPANELLO D’ALLARME”

Secondo la ricerca si ipotizza che la diminuzione di Ngf rifletta un’attivazione continua dell’asse dello stress, dovuto direttamente al virus (appunto il long covid), o agli effetti psico-sociali derivanti dall’isolamento, oppure alle modifiche della vita quotidiani derivanti dalla quarantena e dall’isolamento: “I livelli di Bdnf – aggiunge Carla Petrella – analogamente al biomarcatore infiammatorio Tgf-β, erano invece più elevati negli individui che si erano ammalati rispetto a quelli sani, ma solo nelle ragazze sintomatiche che poi avrebbero sviluppato sintomi long-Covid-19”.



“In particolare – precisa ancora il ricercatore – il persistente aumento dei livelli sierici di Bdnf e Tgf-β era presente nelle adolescenti che presentavano sintomi respiratori durante la fase acuta dell’infezione”. Gli studi andranno ulteriormente approfonditi, ma i risultati emersi, conclude Fiore, supportano “L’ipotesi che le variazioni sieriche di Ngf e Bdnf rappresentino un campanello d’allarme per l’effetto a lungo termine di Covid-19, aprendo nuovi campi di indagine sia nell’ambito degli effetti fisici sia in quelli psicologici potenzialmente associabili al NeuroCovid”.