Il Long Covid rappresenta una tematica molto ampia e, per certi aspetti ancora misteriosa, sulla quale non si conosce propriamente ogni cosa. Sull’edizione odierna del “Corriere della Sera” parla il chirurgo vascolare Riccardo Gotti, il quale ha descritto la sua personale esperienza: in particolare, nel febbraio 2020 curò un anziano che soltanto a posteriori scoprì di essere positivo. Poi, due giorni più tardi, anche il medico iniziò ad avvertire difficoltà respiratorie e a registrare un rialzo termico. Era l’inizio dell’infezione da Covid-19, che lo condusse a vivere 55 giorni in terapia intensiva attaccato alla macchina per la circolazione extracorporea: “Quando si parla di strascichi del Covid, credo di rappresentare un caso limite, ma per molti dimissioni dall’ospedale e negatività non sono la fine della sofferenza”.



Secondo studi recenti, i sintomi del Long Covid si manifestano in almeno il 35% delle persone dopo la loro guarigione ufficiale, si legge nel servizio. “Nonostante gli esami sulla funzione degli organi vadano quasi sempre bene, c’è un numero significativo di ex pazienti che anche a distanza di molti mesi continua a presentare sintomi invalidanti e debilitanti”, ha asserito il professor Fabiano Di Marco, direttore del reparto di Pneumologia del Papa Giovanni XXIII di Bergamo.



LONG COVID: VASTA GAMMA DI SINTOMI

Come si legge sul “Corriere della Sera”, il Long Covid si manifesta “con una vasta gamma di sintomi che vanno dalla debolezza diffusa ai dolori muscolari, difficoltà respiratorie e poi perdita protratta dell’olfatto, ansia, assenza del sonno, fino allo stato che in termini medici è definito brain fog, nebbia della mente”. Di Marco ha aggiunto che “spesso troviamo cicatrici polmonari che ci aspetteremmo poco rilevanti dal punto di vista clinico, ma che sono accompagnate da a uno stato di spossatezza che risulta essere il detonatore di questo malessere”.



“La maggior parte dei casi di Long Covid – ha concluso l’esperto – si risolvono con una nuova riabilitazione in strutture che quasi sempre riescono a cancellare gli effetti a lungo termine. A rendere più complicato un nuovo processo di cure è la paura di non riuscire mai a guarire in maniera adeguata“.