In almeno il 55% delle persone ricoverate per il Covid-19, anche a due anni di distanza, persiste almeno un sintomo. A dimostrarlo è un’indagine sul follow up condotta su pazienti cinesi che mette in risalto quanto il problema del Long Covid sia reale. L’immunologa Rovere Querini del San Raffaele Milano spiega all’Adnkronos Salute: “Il problema del post Covid esiste e lo rileviamo anche in Italia. Abbiamo molti postumi a distanza di tempo dall’infezione e dal ricovero in ospedale, ma non nelle percentuali osservate dallo studio, condotto in Cina, almeno per quanto riguarda in particolare gli strascichi respiratori. Rileviamo invece in maniera abbastanza importante le manifestazioni neuropsichiatriche del Long CovidInsonnia, ansia e anche manifestazioni depressive: quelle sono ancora abbastanza persistenti”.



Querini, responsabile dell’hot spot Covid-19 dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, ha spiegato i risultati dello studio cinese pubblicato su “The Lancet Respiratory Medicine”. L’indagine mostra dunque come quello del Long Covid sia un aspetto con il quale fare i conti: “Le due casistiche, italiana e cinese, non si possono confrontare facilmente perché le popolazioni sono diverse: noi abbiamo pazienti più anziani e più in sovrappeso, loro hanno più giovani e in un rapporto maschi-femmine con più donne. Ma per quanto riguarda il quadro polmonare, però, fra i nostri pazienti già a 6 mesi il 70% stava bene, aveva avuto una buona ripresa. Avevamo poi un 20% con una dispnea ancora lieve e delle alterazioni, e un altro 10% con manifestazioni più importanti. La nostra analisi è stata stringente perché abbiamo invitato tutti a controllo e non son pochi i pazienti che abbiamo visto, circa 500 che erano stati ricoverati”.



Long Covid, come cambia la vita delle persone

Rovere Querini prosegue spiegando: “Ho avuto pazienti che avevano anche lavori molto impegnativi e che adesso faticano molto a riprendere la loro posizione nel mondo. Persone che devono cambiare mansione per una con meno responsabilità o che continuano a fare il loro lavoro con fatica”. Tra i casi di Long Covid seguiti dall’immunologa, anche un’imprenditrice che “Ha dovuto prendere una segretaria perché dopo il Covid all’uscita dai meeting non riusciva più neanche a ricordare cosa si era deciso. È andata avanti così per un semestre. È questa la nebbia cognitiva, è difficile da capire quanto possa essere invalidante se non la si vive”. 



Secondo l’immunologa, anche i pazienti vaccinati potrebbero andare incontro a problemi di questo tipo. Il Long Covid, spiega, è “curabile, con delle eccezioni che richiedono di essere seguite più a lungo. Non tutte le forme sono lievi, in alcuni casi si deve fare una terapia cognitiva e altri trattamenti. Ci sono degli esercizi che servono a riabilitare il paziente, che secondo i nostri psichiatri sono anche molto efficaci. Ma è importante parlarne, serve consapevolezza a livello di società e dare il tempo alle persone di guarire”. Un ingrediente, però, è fondamentale: la pazienza. L’esperta prosegue: “Bisogna che i pazienti possano aver tempo. E che sia chiaro che non dipende da quanto grave sia il Covid che si è avuto. Secondo me noi dobbiamo mettere in campo le risorse sanitarie perché queste persone possano avere accesso a tutti i trattamenti di cui hanno bisogno. Non credo che ci siano ancora tanti ambulatori di Long Covid dove c’è la possibilità di avere lo psichiatra, lo psicoterapeuta, e le figure necessarie, gestiti con il sistema sanitario nazionale”.