I casi di Long Covid stanno progressivamente diminuendo, soprattutto con l’avvento della variante Omicron, ma la malattia continua ad essere un mistero. Le cause per cui si manifesta soltanto in alcune persone che hanno contratto l’infezione e le eventuali cure sono tuttora sconosciute, sebbene gli studi portati avanti siano diversi. A confermarlo è un’inchiesta del Washington Post, che ha raccolto numerose testimonianze di pazienti che stanno ancora facendo i conti con sintomi invalidanti.
La stanchezza cronica, la nebbia cerebrale, l’asma e il gonfiore alle gambe. La manifestazione della patologia è piuttosto variegata. È anche per questo motivo che non ci sono terapie ben definite. Ciò che appare certo è che i pazienti esposti al Coronavirus durante la prima ondata di malattia pandemica, dall’inizio del 2020 alla tarda primavera del 2021, erano i più inclini a sviluppare il Long Covid, con 1 su 12 che soffriva di sintomi persistenti. Non è chiaro quale sia il motivo. Il fenomeno lascia perplessi persino gli esperti.
Long Covid, meno casi con Omicron ma resta mistero: il fenomeno
Una indagine condotta dal Washington Post insieme a diversi istituti di ricerca ha evidenziato quali sono i soggetti più propensi a sviluppare i sintomi del Long Covid analizzando le cartelle cliniche di 4,88 milioni di persone che hanno contratto il virus per la prima volta tra marzo 2020 e gennaio 2022, ovvero nei diversi periodi in cui c’era in circolazione la variante originaria, quella Delta e quella Omicron. Il minor tasso di manifestazione di sintomi con quest’ultima è coerente per tutte le categorie di persone considerate.
In generale, è emerso che le donne sono più propense degli uomini a cercare assistenza per i sintomi di Long Covid: quasi l’8% a confronto con il 6%. Anche i sopravvissuti più anziani a un’infezione da Coronavirus sono più inclini a segnalare una patologia di questo genere. È presumibile, però, che i giovani siano meno propensi a richiedere un aiuto sanitario. Poco più di 1 persona su 9 di età pari o superiore a 65 anni ha cercato assistenza per tali sintomi, in contrasto con 1 persona su 24 di età inferiore ai 30 anni.