Nel mondo della scienza e della medicina si torna a parlare in queste ore di Long Covid, ovvero la “sindrome” che accompagna le persone guarite dal Coronavirus per un periodo di tempo che può variare a seconda dei soggetti interessati. A focalizzare nuovamente l’attenzione collettiva su tale tematica sono alcuni studiosi che lavorano negli Stati Uniti d’America e in Iran (questi i loro nomi: Mohammad Zarei, Deepanwita Bose, Masoud Nouri-Vaskeh, Vida Tajiknia, Ramin Zand e Mehdi Ghasemi), i quali hanno scelto di esaminare l’impatto a lungo termine del virus SARS-CoV-2 su diversi organi.



Infatti, secondo gli esperti, la comprensione dei fattori di rischio e dei sintomi e delle conseguenze a lungo termine del virus consentirà un adeguato follow-up e la gestione della malattia dopo la guarigione. In particolare, è stato ravvisato all’interno di questo lavoro che i pazienti che sono stati gravemente malati hanno capacità di diffusione polmonare più gravi e difficoltà respiratorie. Inoltre, i “segnali” che persistono più a lungo includono una combinazione di sintomi neurologici e cognitivi e sistemici. La ridotta capacità lavorativa a causa della disfunzione cognitiva si è tradotta peraltro nella perdita di ore e posti di lavoro.



LONG COVID: LE CONCLUSIONI DEGLI ESPERTI

Quando si analizza l’argomento Long Covid, non si deve unicamente pensare ai problemi polmonari. Questo studio ha dimostrato, infatti, che si manifestano problemi al sistema nervoso e neurocognitivi, oltre a disturbi della salute mentale, disturbi metabolici, disturbi cardiovascolari, disturbi gastrointestinali, malessere generale, affaticamento, dolore muscoloscheletrico e anemia. Ne deriva che SARS-CoV-2 è una malattia “pansistemica”, che ha colpito più organi dopo la fase acuta dell’infezioni.

I medici che approcciano a un paziente Covid-19 devono valutare attentamente e immediatamente alcuni organi non appena si ha l’esito positivo del tampone. Quali? I reni, il cuore (anche per via delle possibili miocarditi), i polmoni, il cervello e, non ultimi, gli squilibri ormonali. Si deve altresì prestare particolare attenzione ai pazienti con comorbidità sottostanti. Da ultimo, sono necessari studi futuri per fornire linee guida accurate per l’approccio a questi pazienti.