Un team di scienziati svizzeri e americani ha identificato i marcatori nel sangue del long Covid. Lo studio pubblicato da Science, come riassunto da Le Figaro, ha coinvolto 113 pazienti infetti da Sars-CoV-2 e 39 sani. I partecipanti sono stati seguiti per un anno. A distanza di sei mesi dal primo prelievo di sangue, 40 di coloro che erano stati positivi al virus avevano sintomi persistenti. È emerso dalle analisi che presentavano cambiamenti specifici nei livelli di proteine ​​sieriche. 



La ricerca è stata avviata partendo dal presupposto che le persone che soffrono di long Covid presentano disfunzioni immunitarie e ormonali. Da qui l’idea di cercare dei marcatori. L’approccio consisteva nell’identificarli confrontando i livelli di 6596 proteine ​​nel sangue dei partecipanti. La proteina risultata comune indica una maggiore attivazione del sistema del complemento, un componente del sistema immunitario coinvolto nella lotta contro gli agenti patogeni. “Esso ha un duplice ruolo, da un lato nella regolazione del sistema immunitario e dall’altro nell’interferire con i fattori della coagulazione e con i vasi sanguigni. Di solito, questo meccanismo si attiva durante la fase acuta della malattia, ma ritorna normale una volta passata l’infezione”, spiega il professor David Smadja. Ciò però non succede in coloro che continuano a manifestare i sintomi a distanza di mesi, perché “va in overdrive”.



Long Covid, scoperti marcatori nel sangue: lo studio

L’iperattività del sistema immunitario non è tuttavia l’unica caratteristica evidenziata nei pazienti che soffrono di long Covid. A questa anomalia si accompagnano anche segni di tromboinfiammazione persistente, ovvero un meccanismo fisiopatologico che comporta la formazione di coaguli di sangue associata ad una risposta infiammatoria cronica. Ciò si rispecchia nell’aumento del livello di un’altra proteina nel sangue. “Questi risultati confermano che il sistema del complemento e i vasi sanguigni sono due parametri che appaiono disfunzionali nel lungo Covid, e che sarebbero rilevabili a priori con un semplice prelievo”, continua il professor Smadja.



Nella pratica, tuttavia, ciò è molto più difficile. Il long Covid infatti si manifesta in molti modi diversi. È per questo motivo che individuare un marcatore universale risulta sostanzialmente impossibile. Gli esperti ritengono infatti che possano essercene dei singoli per ogni forma clinica della malattia. Altri studi ne avevano evidenziati alcuni, come la proliferazione vascolare o una attività insolita di una sottopopolazione di linfociti T (CD8). “I risultati dovranno essere replicati e differenziati secondo le principali categorie di sintomi respiratori, neurologici, digestivi e cardiaci della patologia”, concludono gli autori.