Il virologo Pier Luigi Lopalco, a capo della task force coronavirus per la regione Puglia, è stato ospite stamane in collegamento con il programma “L’Aria che tira estate”, in diretta su La7. Si è parlato ovviamente dell’epidemia di covid, partendo dalle recenti dichiarazioni dell’Oms secondo cui il peggio deve ancora arrivare: “L’Oms non si riferisce all’Italia o all’Europa – precisa Lopalco – è un discorso globale. l’Oms è molto preoccupata per il fatto che il virus sta prendendo forza in alcune zone come il Sud America, l’Africa… parliamo di centinaia di milioni di persone che rischiano di avere l’ondata pandemica. E’ un messaggio di cautela che vorrei fosse ripreso anche in Italia, ovviamente con altri toni e significati, ma anche noi dobbiamo ragionare con prudenza”. Lopalco non nasconde che da noi la situazione è nettamente migliorata rispetto a qualche settimana fa, e lo dimostrano i numeri: “Per noi l’emergenza sanitaria è passata, ma è passata perchè c’è stato un intervento, non è passata da sola. Abbiamo avuto un forte intervento di prevenzione, e oggi è più importante di ieri perchè dobbiamo prevenire una nuova ondata, una nuova accensione del virus. Dobbiamo investire ancora di più per evitare una seconda ondata”.
LOPALCO: “IL VIRUS CIRCOLA POCO ORA”
Anche Lopalco conferma che il covid si è indebolito: “E’ vero, ci troviamo in una fase di coda dell’epidemia. L’emergenza è stata causata dalla circolazione del virus per almeno tre mesi, dal fine novembre. Ora non dobbiamo lasciare questo virus libero di correre altrimenti si creerà una nuova emergenza”. Nonostante i molti assembramenti visti in tutta Italia negli scorsi giorni, non si sono creati dei nuovi focolai, come mai? “Il virus circola poco, è difficile trovare un portatore di virus, forse non ce ne sono. Ma questa è una fase in cui bisogna mantenere alta la guardia”. Secondo Lopalco sarebbe inoltre necessario discutere dei debolmente positivi: “E’ importante identificare i contagiati, anche quelli deboli. E’ importante anche capire che non basta un tampone positivo per tenere prigioniero una persona una o due mesi in casa. Su questo aspetto è importante che le istituzioni si dichiarino, per capire quale sia la soglia di contagiosità”.