Loredana Bertè, il padre violento e un’infanzia difficile che ha lasciato delle ferite e dei segni che non andranno più via. La regina della musica rock italiana è dovuta scappare via di casa per vivere la sua vita e ribellarsi ad un padre padrone che le rendeva la vita un inferno. A raccontarlo più volte è stata proprio la cantante di “Sei bellissima” che per fortuna durante la sua infanzia travagliata e sofferta ha trovato un appiglio, una spalla forte nell’amata sorella Mia Marini. A tredici anni, infatti, insieme Mimì e Loredana decidono di andare via di casa lasciando così il padre violento e una madre che faceva finta di nulla.
“Ho visto mio padre prendere a calci mia madre per farla abortire all’ottavo mese di gravidanza. Era un bastardo, sono contenta che sia morto” – ha raccontato senza remore l’artista in un’intervista rilasciata a Maurizio Costanzo. Parlando poi della madre ha detto: “era una bambina che non era ancora pronta a fare il genitore”.
Loredana Bertè: “la mia infanzia un inferno, mio padre violento e picchiava mia madre”
L’infanzia di Loredana Bertè è stata un inferno vero e proprio come ha raccontato e scritto anche nella sua autobiografia “Traslocando. E’ andata così”: “era una vita d’inferno, senza la più piccola allegria, nemmeno gli auguri al compleanno. Tutte stelle mancanti. Nostro padre era un violento che massacrava di botte nostra madre, anche quando era incinta; uno che ha buttato mia sorella dal balcone per un brutto voto a scuola, e che, quando mamma non gliela dava, veniva in camera di noi bambine a masturbarsi guardando Mimì”. Rivelazioni choc quelle di Loredana che parlando delle violenze subite ha detto:
“Mimì lo sentiva arrivare e mi diceva: chiudi gli occhi, fai finta di dormire. Io guardavo attraverso le ciglia e vedevo una cosa che non capivo: cosa facesse quest’uomo fermo ai piedi del mio letto, girato verso mia sorella. Mimì mi ha spiegato tutto dopo molto tempo”. Di quelle violenze la Bertè non ne hai mai parlato nemmeno con le altre sorelle: “non sapevamo a chi dirlo, a quel tempo mica c’era il Telefono Azzurro. Parlarne a nostra madre, comunque, era escluso: avevamo paura che non ci credesse, che lo dicesse a lui, e di essere picchiate”. La stessa Mia Martini ad un certo punto della sua vita aveva decido di dimenticare come ha raccontato la Bertè: “aveva rimosso tutto, non solo quell’abuso sessuale, ma anche le botte. Io invece mi ricordo le mattonelle del bagno rosse di sangue, mia madre incinta di otto mesi accasciata perché lui l’aveva presa a calci. Quel bambino che lei ha abortito era il maschio che tanto desiderava mio padre”.