Con questa prima recensione iniziamo una serie di articoli nei quali daremo spazio a nuovi musicisti jazz italiani evitando, soprattutto, di parlare dei soliti nomi ai quali organizzatori, mezzi di comunicazione e pubblico (di bocca buona) riservano molte attenzioni. I grandi festival sono purtroppo “infestati” da questi cosiddetti “grandi del jazz”, che forse grandi lo sono stati agli inizi della loro carriera ma che ora fanno musica da salotto, dimenticando i veri appassionati, quelli che frequentano i club e comprano i dischi.



Iniziamo con Lorenzo Feliciati del quale abbiamo già parlato in occasione di precedenti uscite. Feliciati rappresenta un po’ il prototipo del nuovo musicista jazz. Per anni docente di basso elettrico presso la Saint Louis di Roma, svolge la sua attività in ogni parte d’Europa (attualmente vive in Belgio) suonando e condividendo i suoi progetti con musicisti del calibro di Bob Mintzer (Yellowjackets), Pat Mastelotto (King Crimson), Chad Wackerman (Frank Zappa, Allan Holdsworth), Cuong Vu (Pat Metheny Group), Colin Edwin (Porcupine Tree), Steve Jansen (Japan), e Martin Verdonk (Prince, Chaka Khan, Stevie Winwood).



Dopo l’ottimo ANTIKYTHERA (Rarenoise record) pubblicato insieme a Michele Rabbia è da poco in rete il nuovo ep RUMBLE, quattro brani inediti nei quali Feliciati si confronta con uno dei più acclamati batteristi americani Jason “ JT” Thomas, degli Snarky Puppy, noto per aver collaborato con FORQ e  Roy Hargrove tra gli altri. Si tratta di un confronto da vertigini, che farebbe impallidire molti musicisti. Il risultato finale si fa apprezzare anche e soprattutto per la validità delle composizioni di Feliciati (basso, contrabbasso, chitarra, tastiere)

Ho cominciato a lavorare alla composizione dei quattro brani di Rumble avendo già ben chiaro che ci sarebbero stati due elementi portanti nella musica: un batterista di classe dotato di un groove impeccabile e contagioso oltre alla sezione fiati, già presente in KOI ed ELEVATOR MAN. I fiati hanno, in RUMBLE, un ruolo ancora più centrale e trainante grazie all’insostituibile lavoro di Aidan Zammit che ne ha curato la scrittura e l’arrangiamento. È il mio primo passo nella autoproduzione totale e quindi ho deciso di affidarmi alla piattaforma Bandcamp (Lorenzo Feliciati)



Il lavoro si muove fra ritmi funk e atmosfere alla King Crimson e, se vogliamo, rappresenta una sorta di continuazione del bellissimo KOI (2015). Quattro le composizioni a firma dello stesso artista.

Apertura con Art of Mistake; atmosfera funk, protagonisti il basso elettrico e la smagliante batteria di Thomas, il tutto mediato dalla presenza della intrigante e geniale sezione di fiati bassi, (Stan Adams, trombone, Pierluigi Bastioli, trombone basso, Duilio Ingrosso, sax baritono). Molto bello il tema come pure l’apporto del tastierista Alessandro Gwis. Un brano che potrebbe diventare una sorta di manifesto indicativo delle nuove strade da percorrere. Curiosa la chiusura, giocata fra contrabbasso del leader ed elettronica.

Five Enemies, caratterizzata dagli incastri ritmici fra rullante e basso è evocativa di certo jazz anni ’70 arricchito dalle pennellate della sezione fiati.

Clima di rilascio in Force Quit, il tema inizialmente meno teso, intriga per il suo epico incedere, presenti le percussioni di Martin Verdonk. Prog e nuovo jazz si fondono qui in maniera ottimale.

Rumble, la traccia che dà il titolo all’EP, sembra sparigliare di nuovo il clima, muovendosi fra tastiere alla King Crimson. Il basso di Feliciati è supportato dal ritmo ossessivo della batteria di Jason “JT” Thomas coadiuvati dalla epica sezione fiati. Gran bel risultato quello raggiunto dal musicista romano che sembra aver trovato il batterista ideale per le sue scorribande musicali. Fra i prossimi impegni di Feliciati un cd con Pete Mastellotto, batterista dei King Crimson; segnaliamo inoltre, la partecipazione nell’album del trombettista Angelo Olivieri OTHER COLORS (Aut records, 2020), insieme ad Antonio Jasevoli alla chitarra e al grande batterista Bruce Ditmas ( Paul Bley, Gil Evans, Chet Baker, Lee Konitz). Composizioni originali si alternano a standard di Carla Bley e Ornette Coleman ad evocare le atmosfere che caratterizzarono alcuni grandi album del jazz anni ’70.