E’ morto Lorenzo Lotti Brandolini d’Adda, protagonista di una vita “spericolata” fra droghe e peripezie giuridiche. Aveva solo 49 anni, ed è deceduto nella giornata di mercoledì scorso, 4 maggio. «Chi muore giovane è caro agli dei amico, fratello, vieni nei miei sogni a trovarmi, farmi ridere, ispirarmi. Vieni a dirmi che adesso stai bene e sei in pace», le parole del suo migliore amico Clod, come si legge sul Corriere della Sera. Lorenzo Lotti Brandoli d’Adda aveva raccontato la sua storia e la sua vita decisamente sopra le reighe, un anno fa al Corriere Torino.



«Mi chiamo Lorenzo e questa è la mia storia: un uomo a lungo senza un cognome, in attesa di fare pace con il suo passato. Sono nato sotto la Mole quasi 50 anni fa. Mi occupo di produzioni cinematografiche, quando riesco; di questa città conosco il lato più oscuro. Con lei, e contro di lei, combatto da quando sono ragazzo. Quando, ancora minorenne, le droghe sono entrate nella mia vita rubando una parte del mio equilibrio. Mi chiamo Lorenzo, e vi racconto trent’anni di droga a Torino».



LORENZO LOTTI BRANDOLINI D’ADDA, LA SENTENZA IN CUI GLI VENNE RICONOSCIUTO IL COGNOME DEL PADRE

Era stata occasione per Lorenzo Lotti Brandolini d’Adda di raccontare le sue lunghe vicende giudiziarie in cui si era imbattuto per chiedere, ed ottenere dopo una trafila estenuante, il riconoscimento del cognome da parte del padre naturale, di cui fino a poco tempo fa non conosceva l’esistenza.

I Brandolini d’Adda sono una nobile famiglia originaria di Forlì, titolati come patrizi e signoria, e Lorenzo Lotti ne è stato riconosciuto loro erede: «La giustizia mi ha dato ragione -raccontava leggendo la sentenza – “il Tribunale accerta e dichiara il rapporto di filiazione tra il Sig. Brandolini d’Adda e Pierotti Lorenzo Riccardo e dichiara, quindi, la paternità del sig. Brandolini d’Adda nei confronti di Pierotti Lorenzo Riccardo”». Sempre in quell’occasione aveva chiosato, spiegando il perchè della sua intervista: «Ho raccontato la mia storia perché ho imparato a mie spese che l’autodeterminazione è una lotta intima e quotidiana e la vera forza è saper chiedere aiuto».