Lorenzo Terenzi, marito Michela Murgia: il racconto

Lorenzo Terenzi, marito di Michela Murgia scomparsa la notte di San Lorenzo, ha raccontato tutte le tappe della storia d’amore con sua moglie: “Sembravamo una coppia di ottantenni felici, ai quali basta uno sguardo per capirsi. Nel suo ultimo sguardo, mi ha detto tante cose e nessuna. “



Terenzi, ai microfoni del Corriere della Sera, ha dichiarato: “Ci siamo conosciuti nel 2017 in Sardegna. Lei stava lavorando a Quasi Grazia, uno spettacolo teatrale tratto dal libro di Marcello Fois. Io ero stato chiamato all’ultimo come aiuto regista. Era la prima volta che Michela faceva teatro professionale e io mi occupavo tanto del training, gli esercizi che si fanno prima. Per fare bene il mestiere dell’attore devi entrare in contatto con parti molto profonde di te. Questo ci ha fatto legare. È stata generosissima fin dall’inizio. Siamo diventati subito amici, poi confidenti, e negli anni “migliori amici“. 

Lorenzo Terenzi e la storia d’amore con Michela Murgia: “Mi chiese lei di sposarci”

Terenzi, marito della Murgia venuta recentemente a mancare a causa di un tumore, ha raccontato al Corriere della Sera la loro storia d’amore: “Più che una relazione, era un’amicizia che ha continuato a fiorire nel tempo: siamo fioriti uno accanto all’altra. Ma non c’è mai stato niente di sessuale, era un’amicizia evoluta all’ennesima potenza. Poi lei ha avuto bisogno di me e mi ha chiesto di fare questa cosa che altrimenti non avrei mai fatto, perché non eravamo mai stati fidanzati, non c’era mai stato niente oltre all’essere fratello e sorella, due esseri umani che si erano incontrati in maniera profonda. Abbiamo riso di cose stupide e pianto di cose difficili”.

E’ stata Michela Murgia a chiedere la mano del marito: “Più o meno verso Pasqua. ‘Probabilmente ho un’aspettativa di vita di quattro anni’, mi disse. ‘Se tra qualche anno sei libero ti va di sposarmi? Così potrò avere vicino una persona di cui mi fido per farla decidere al posto mio’” ha affermato Lorenzo: “Ho detto subito di sì. Poi il quadro clinico è cambiato e mi ha detto che dovevamo anticipare. Le ho chiesto se voleva fare solo una cosa burocratica da tenere tra di noi o se voleva raccontarla agli altri. Rispose che era meglio se lo raccontavamo noi, perché era un personaggio pubblico e bisognava tenere il polso della narrazione. L’ho toccato poi con mano: ogni suo post veniva decontestualizzato e privato del significato originario”.