Lorenzo Tugnoli protagonista dello spazio dedicato ai grandi fotografi italiani di Ogni cosa è illuminata. Tugnoli ha vinto il premio Pulitzer nella sezione Best Feature Photography, miglior servizio fotografico, con il reportage realizzato in Yemen per il Washington Post. Il fotografo collabora regolarmente con il Wp, ma anche con il New York Times, il Wall Street Journal, il Time Magazine e L’Espresso. Nel 2015, infatti, si è trasferito a Beirut, dove lavora come freelance. Lorenzo è nato a Lugo (Ravenna) nel 1979. Dopo il diploma al liceo scientifico e la laurea all’Università di Bologna si è trasferito a Kabul, dove ha fatto gavetta al fianco di alcuni colleghi di fama internazionale. Nello stesso periodo, insieme a Francesca Recchia, ha pubblicato Il piccolo libro di Kabul, sulle storie degli artisti che ogni giorno si scontrano con la realtà della guerra. Il fotoreporter è tuttora impegnato nell’analisi delle conseguenze umanitarie dei conflitti bellici.



Lorenzo Tugnoli sui rischi del suo lavoro

Il servizio premiato, realizzato nel 2018, l’ha descritto come uno dei più difficili della sua intera carriera. Lorenzo Tugnoli ne ha raccontato la genesi al British Journal of Photography, in un’intervista pubblicata all’indomani del World Press Photo. Oltre al Pulitzer, infatti, Tugnoli ha vinto anche quest’ultimo premio. “Ricordo che, dopo lunghe trattative, ci hanno permesso di andare a Hodeidah, ma solo per qualche giorno. Guardo le foto che ho scattato al porto e penso: sono stato lì solo mezz’ora”. Insieme a lui c’era Sudarsan Raghavan, corrispondente del Washington Post al Cairo, che lo ha scortato per tutto il tempo necessario. Ma gli scatti sono risultati insufficienti per realizzare un “buon” reportage; per questo motivo, Tugnoli è dovuto tornare sul posto. Da solo, questa volta, fatta eccezione per i fotografi e le guide locali.



La sfida di Lorenzo Tugnoli

“Avevo sempre l’impressione che stessero rischiando più di me”, spiega a proposito di questi ultimi. “Se un giornalista di un famoso quotidiano viene sequestrato tutti lo vengono a sapere. Ma questo non vale per i fotografi locali. E loro devono continuare a vivere in quel paese anche dopo il lavoro”. A suo dire, una delle sfide più grandi per un reporter è “trovare il giusto equilibrio per poter raccontare qualcosa a chi sta guardando e non costringerlo a fermarsi allo shock iniziale”. Lorenzo Tugnoli cerca sempre di non sacrificare il buon gusto in favore dello scoop. Il suo obiettivo è quello di “comunicare l’urgenza della tragedia senza dimenticare il rispetto per le persone”: “Per esempio, in una delle mie foto si vede un bambino malato ad Aden. In quell’ospedale mancano medicine e ossigeno ed è importante dirlo”. Il ritratto in questione funziona solo perché non è eccessivo: si punta a informare, non a stupire a tutti i costi.

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