È rimasto senza un perché l’omicidio di Lorys Stival, il bambino ucciso nel 2014 all’età di 8 anni dalla mamma Veronica Panarello, che per quel delitto, oggi al centro della puntata di “Delitti in famiglia” su Rai 3 alle ore 23:45, è stata condannata in via definitiva a 30 anni di carcere. Il motivo per il quale la donna, che all’epoca aveva 26 anni, uccise il figlio non è stato chiarito, sono le carte processuali a indicare il movente.



Dietro il delitto di Santa Croce Camerina ci sarebbe stata la lite di quella mattina perché il bambino non voleva andare a scuola, quindi non fu un omicidio premeditato, ma un dolo d’impeto, ma per la procura generale della Cassazione l’individuazione del movente non era necessaria per decretare la colpevolezza della mamma del bambino, strangolato con delle fascette di plastica e poi abbandonato in un canalone: Veronica Panarello dichiarò di aver portato il bambino a scuola, ma fu smentita dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza e cambiò ripetutamente versione.



Peraltro, se non si fosse tradita parlando delle fascette alle maestre, che erano andate a trovarla dopo il delitto per le condoglianze, forse la squadra mobile avrebbe impiegato più tempo per capire che era stata lei a strangolare Lorys Stival.

LA SCOMPARSA DI LORYS STIVAL E LA DENUNCIA DI VERONICA PANARELLO

Era il 29 novembre 2014 quando Lorys Stival scomparve a Santa Croce Camerina (Ragusa). Alle ore 13 la madre Veronica Panarello si presentò alla stazione dei carabinieri per denunciare la scomparsa del figlio di 8 anni: dichiarò di essere uscita da casa quella mattina e di averlo accompagnato a scuola, ma le insegnanti spiegarono che quel giorno il bambino non era mai arrivato a scuola. Partirono subito le ricerche: tre ore dopo ai carabinieri arrivò la chiamata di un pensionato e cacciatore per passione che aveva ritrovato il cadavere di un bambino in un canalone alla periferia del paesino.



Dopo l’ispezione dei carabinieri, Veronica Panarello confermò che quel corpo era del figlio scomparso e scattarono le indagini per omicidio, da cui emerse che il bambino era morto tra le 8:30 e le 10 per strangolamento, nello specifico erano state usate delle fascette di plastica, ma erano presenti altri segni di violenza. La donna riferì di aver consegnato lei le fascette al figlio per un’attività scolastica, circostanza smentita dalle maestre che negarono tale richiesta. Del resto, fu una delle tante versioni fornite dalla donna e puntualmente smentite.