Nelle scorse settimane vi è stata una protesta del mondo cinematografico per i potenziali tagli che il ministro alla cultura Gennaro Sangiuliano intenderebbe operare nei contributi pubblici concessi a questo settore. Ma siamo sicuri che i fondi pubblici destinati a tanti film e ad altre forme “culturali” siano spesi bene e non coprano invece, a volte, interessi politici, spettacoli ideologicamente schierati (di solito a sinistra) con spettacoli di incerto livello anche se “firmati” da compagni di grido? Chi stabilisce oggettivamente se un film meriti o no un contributo pubblico e soprattutto, in presenza di contributi significativi, come “lievitano” le spese di produzione ed i cachet di registi ed artisti?



Il giornalista bolognese Giorgio Pirani ha pubblicato un’inchiesta su Qui Finanza che parte dalla constatazione di come negli ultimi anni i finanziamenti pubblici al settore cinematografico siano aumentati in modo notevole ma – di pari passo – sembra per esempio cresciuto in modo esponenziale anche il livello di compensi ad attori e registi, indipendentemente dal successo delle pellicole che a volte hanno registrato dei veri e propri “flop” a livello di pubblico, magari anche dopo aver ricevuto elogi dalla critica che spesso appare avulsa dalle realtà di mercato, tanto da far pensare a giudizi non del tutto disinteressati.



Una sorta di circuito mediatico auto-referenziale in cui conta molto anche il taglio politico delle opere e dei soggetti coinvolti. La polemica è iniziata quando – presentando i risultati del primo anno di governo Meloni – il ministro Sangiuliano ha dichiarato di essere stato oggetto di una campagna diffamatoria nei media da parte di una casta esclusiva (anche molto ricca) a causa delle sue osservazioni critiche su alcuni aspetti del cinema italiano. Va ricordato che il sistema del tax credit è un meccanismo di credito d’imposta progettato per sostenere le imprese coinvolte nella produzione di film e serie tv in Italia. Attualmente, i produttori possono beneficiare di un credito pari al 40% dei costi ammissibili di produzione (per quelli non indipendenti, il credito è del 25%).



La polemica – ha ricordato Pirani – è iniziata dopo la pubblicazione di una lettera sul quotidiano Domani inviata dal ministro Sangiuliano al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. In questa lettera, Sangiuliano ha richiesto una riduzione dei finanziamenti al settore cinematografico di 100 milioni di euro, triplicando il taglio previsto dalla spending review. La polemica riflette un dibattito in corso sul bilancio e l’efficacia del tax credit nel settore cinematografico italiano, con una parte che sostiene la sua importanza per la creazione di produzioni culturali e di occupazione, mentre altri sottolineano la necessità di controlli più rigorosi per garantire un uso efficiente delle risorse pubbliche.

Secondo Adnkronos i contributi pubblici al settore sono notevolmente aumentati negli ultimi anni, passando da 423,5 milioni di euro nel 2017 a 850 milioni nel 2022 e dovrebbero attestarsi a circa 745 milioni quest’anno. Dai documenti pubblicati emerge che però di pari passo sarebbero anche aumentati anche i compensi ai registi coinvolti. Si fa il caso della serie A casa tutti bene, diretta da Gabriele Muccino, che è stata finanziata con 2,1 milioni di euro dal Fondo attraverso il credito d’imposta e per la quale il regista avrebbe dichiarato un compenso di 2,2 milioni di euro. Altri registi citati nel documento comprendono Paolo Genovese, il regista della serie I Leoni di Sicilia – uscita sui canali Disney+ nei giorni scorsi – che ha ricevuto finanziamenti per un totale di 8,7 e con il regista avrebbe indicato un compenso di 1,4 milioni di euro, così come molto ingenti appaiono i compensi per altri film finanziati e diretti da Luca Guadagnino, Edoardo Gabriellini, Saverio Costanzo, Joseph Wright.

C’è poi il problema del pubblico visto che – sempre nell’inchiesta di Pirani e i documenti raccolti da Adnkronos – alcuni film finanziati avrebbero fatto registrare un clamoroso fiasco. È il caso di Prima di andare via, diretto da Massimo Cappelli, che avrebbe ricevuto un contributo pubblico di 700.000 euro, ma registrando poi solo 29 spettatori in sala. Complessivamente oltre 20 film finanziati avrebbero avuto meno di mille spettatori ciascuno con incassi di poche migliaia di euro, ma con finanziamenti pubblici totali per 11,5 milioni di euro. Pur ricordando che il Covid ha inciso sull’affluenza nelle sale e che gli incassi rappresentano solo una parte dei potenziali introiti di un film, è evidente come molte opere finanziate non abbiano avuto il minimo successo.

Proprio per questi motivi i contributi concessi a diversi film da parte del ministero sarebbero sotto controllo da parte della Guardia di finanza. Più in generale si stanno poi moltiplicando anche il numero delle produzioni che richiedono contributi nei vari e diversi generi cinematografici. Nel caso dei documentari, per esempio, si è passati da 48 richieste nel 2019 a 152 nel 2022. Le opere di finzione, tra film e serie, vedono un incremento dalle 73 richieste del 2019 a 247 nel 2022. In totale, nel corso di quattro anni, sono state presentate 1.188 domande per l’accesso al tax credit. Va sottolineato che, in generale, la legge ha avuto una influenza positiva nel settore ma – ovviamente – si deve prestare anche molta attenzione ad evitare flop, sprechi ed abusi.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI