Il 4 febbraio si è celebrata la Giornata mondiale contro il cancro, World Cancer Day, promossa dalla UICC (Union for International Cancer Control) e sostenuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), rappresentando un importante richiamo a riflettere su cosa ogni cittadino responsabile può fare per combattere il cancro.



La spinta all’innovazione in sanità sta rendendo l’oncologia medica sempre più complessa, spaziando dalla medicina di precisione, ai Molecular Tumor Board, al rapporto fra inquinamento atmosferico e cancro, fino alla Digital Health. È essenziale garantire a tutti i pazienti le cure sempre più innovative che la ricerca scientifica mette a disposizione. Situazioni cliniche per le quali fino a un decennio fa le opzioni terapeutiche erano molto limitate (tumore del rene, della prostata o l’epatocarcinoma), oggi prevedono una sequenza di più linee di trattamento. La caratterizzazione molecolare, in aggiunta alla classica diagnosi istologica, è necessaria in tutti i casi per i quali siano disponibili in pratica clinica terapie mirate. L’altra grande rivoluzione è stata rappresentata dall’introduzione dei farmaci immunoterapici di nuova generazione. L’immunoterapia ha modificato l’algoritmo terapeutico di numerosi tumori solidi e si caratterizza per ottenere, in una percentuale di pazienti, una risposta di lunghissima durata, a volte anche di anni. Ad esempio, quando il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato era rappresentato dalla sola chemioterapia, la sopravvivenza a 5 anni era intorno al 5%. Oggi, le analisi a lungo termine degli studi condotti con l’immunoterapia dimostrano che la possibilità di essere vivi a 5 anni è salita significativamente fino al 20-30%.



Non sempre, però, i progressi nella diagnosi sono implementati con la stessa tempestività in tutti i centri e quindi occorre sviluppare ancor di più la collaborazione fra Istituzioni, clinici e pazienti, affinché vengano superate le differenze assistenziali che, purtroppo, ancora oggi esistono in diverse realtà del nostro Paese. Da qui, l’urgente necessità di rafforzare le iniziative di prevenzione primaria e la diagnosi precoce. La prevenzione rimane la strada da seguire, non solo per ridurre numero di casi, ma anche per migliorare le possibilità di guarigione e garantire una buona qualità di vita dopo il cancro.



In Italia, nel 2023, sono stimate 395.000 nuove diagnosi di tumore che hanno colpito il 53% gli uomini (208.000) e il 47% le donne (187.000). Il tumore più frequentemente diagnosticato è il carcinoma della mammella (55.900 casi), seguito dal colon-retto (50.500), polmone (44.000), prostata (41.100) e vescica (29.700). Nel post-pandemia si sta assistendo a un’ondata di casi, se si considera che, in tre anni, l’incremento è stato di 18.400 diagnosi. Erano 376.600 (194.700 negli uomini e 181.900 nelle donne) i nuovi casi stimati per il 2020 in Italia sulla base dei dati raccolti dai Registri tumori italiani, e nei prossimi due decenni il numero assoluto annuo di nuove diagnosi oncologiche nel nostro Paese aumenterà, in media ogni anno, dell’1,3% negli uomini e dello 0,6% nelle donne.

Dall’altro lato, l’Oncologia del nostro Paese fa registrare importanti progressi, con migliaia di vite salvate. Si muore, dunque, meno grazie alla diagnosi precoce e ai formidabili progressi delle terapie, basti pensare che la mortalità per tumore alla mammella si è ridotta di un terzo. Nel periodo 2007-2019, rispetto al numero atteso nel 2003-2006, sono state stimate 268.471 morti evitate di cui negli uomini 206.238 (-14,4%) e nelle donne 62.233 (-6,1%). Il cancro è sempre più una malattia curabile, purché in centri specializzati, e molti pazienti la superano e tornano a una vita “come prima”. Nonostante gli straordinari successi della ricerca grazie a trattamenti sempre più mirati ed efficaci, i tumori restano, anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, una delle prime cause di morte.

La prevenzione è un aspetto cruciale nella lotta al cancro sia intesa come prevenzione primaria, che punta alla riduzione dei fattori di rischio che predispongono alla malattia, sia secondaria, meglio detta diagnosi precoce, che intercetta la malattia ai primissimi stadi. Occorre quindi potenziare la capacità di coordinare e sostenere l’attività di prevenzione e di assistenza. Gli stili di vita corretti rappresentano un’arma potentissima contro il cancro. Il 40% dei casi potrebbe essere evitato eliminando o modificando fattori di rischio come fumo, obesità, alcol e inattività fisica; il 24% degli adulti fuma, il 29% è sedentario, il 33% è in sovrappeso e il 10% è obeso, il 17% consuma alcol in quantità a rischio per la salute. Sulla prevenzione primaria c’è ancora molto da fare. Lotta al fumo che non è solo un fattore di rischio per il tumore al polmone, ma lo è per almeno altri 15 (compreso quello del pancreas, ancora oggi uno dei più aggressivi) e lotta all’alimentazione e l’esercizio fisico due aspetti su cui non si deve smettere di fare informazione. Si sa quanto i cibi “spazzatura” possano contribuire all’obesità, importante fattore di rischio per molti tipi di cancro, e che la cosiddetta “dieta mediterranea”, ricca di frutta e verdura, unita all’esercizio fisico, ha effetti protettivi.

Resta aperta anche la grande sfida costituita dalla prevenzione secondaria. A dicembre 2022, il Consiglio europeo ha emanato le nuove raccomandazioni sugli screening oncologici, che da una parte definiscono le linee di indirizzo per rafforzare i programmi già esistenti, ovvero gli screening per il tumore della mammella, della cervice uterina e del colon-retto e dall’altra ampliano la visuale introducendone di nuovi come quelli per il polmone, la prostata e, in contesti ad elevata incidenza, per lo stomaco. Nel caso dei 3 screening consolidati (mammella, cervice uterina, colon-retto) che in Italia sono ricompresi tra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), l’obiettivo è quello di assicurare l’offerta di screening ad almeno il 90% dei cittadini aventi diritto in tutti i Paesi membri entro il 2025.

Per meglio comprendere se l’Italia è in grado di rispondere positivamente a questa sfida e conseguentemente individuare e mettere in atto cambiamenti occorre analizzare i seguenti risultati:

estensione dello screening che rappresenta il numero di persone invitate sul totale delle aventi diritto nell’anno di riferimento;

adesione dello screening che rappresenta il numero degli utenti rispondenti sul totale degli utenti invitati nell’anno di riferimento;

copertura dello screening che è la combinazione dei dati di estensione degli inviti e di adesione da parte della popolazione e misura l’impatto positivo dei programmi di screening sullo stato di salute della popolazione.

Dopo la sospensione della erogazione dei test di screening per alcuni mesi nel 2020 in seguito all’epidemia di Covid-19, i dati di attività del 2021 riflettono la ripresa delle attività di screening, con modalità differenti fra le varie Regioni, assistendo nel 2022, a livello nazionale, a un calo della copertura.

Ma gli italiani sanno che gli Screening oncologici intercettano migliaia di tumori ogni anno?

Screening mammografico

Estensione dello screening (persone invitate): oltre 3,5 milioni di donne con una età compresa tra 50-69 sono state invitate, che porta il dato al 86% (valore standard 90%) ma con un gradiente tra macroaree geografiche differente con il Nord al 100%, il Centro al 99%, Sud e Isole al 58,3%. Nel 2021 alcune Regioni o singoli programmi hanno invitato allo screening anche le donne nelle fasce di età 45-49 (a intervallo annuale) e 70-74 (con intervallo biennale) con modalità organizzative diverse.

Adesione allo screening (persone sottoposte): è del 56,2% (valore standard 50%), ma con differenze tra macroaree con il Nord al 64,7%, il Centro al 50,2%, Sud e Isole al 41,3%. Nelle donne che hanno aderito sono stati diagnosticati 9.845 carcinomi pari al 5,1 per mille.

Copertura (impatto positivo dei programmi di screening sullo stato di salute della popolazione): nel periodo pre-pandemico era al 46%, nel 2022 si attesta al 43%, ma con differenze tra macroaree con il Nord al 54%, il Centro al 47%, Sud e Isole al 26%.

Screening cervice uterina

Estensione dello screening (persone invitate): oltre 3,4 milioni di donne con una età compresa tra 25-64 anni sono state invitate, che porta il dato al 88,3% (valore standard 90%)m ma con un gradiente tra macroaree geografiche differente con il Centro al 100%, il Nord all’84,7%, Sud e Isole al 68,8%.

Adesione allo screening (persone sottoposte): è del 39,2% (valore standard 50%), ma con differenze tra macroaree con il Nord al 47,8%, il Centro al 33,4%, Sud e Isole al 32,6%. Nelle donne che hanno aderito sono state individuate con Pap Test 2.177 lesioni istologiche CIN2+ pari al 4,5 per mille.

Copertura (impatto positivo dei programmi di screening sullo stato di salute della popolazione): nel periodo pre-pandemico 31%, nel 2022 si attesta al 27%, ma con differenze tra macroaree con il Nord al 38%, il Centro al 28%, Sud e Isole al 12%.

Screening colon-rettale

Estensione dello screening (persone invitate): oltre 6,4 milioni di cittadini con un’età compresa tra i 50-69 anni sono stati invitati, che porta il dato al 79,4% (valore standard 90%), ma con un gradiente tra macroaree geografiche differente con il Centro al 100%, il Nord al 97%, Sud e Isole al 43,7%.

Adesione allo screening (persone sottoposte) con ricerca del sangue occulto nelle feci: è del 38,7%, ma con differenze tra macroaree con il Nord al 47,6%, il Centro al 31,5%, Sud e Isole al 23,7%. Nei cittadini che hanno aderito sono state effettuate 99.100 colonscopie di approfondimento che hanno portato alla identificazione di 2.678 carcinomi pari al 1 per mille e 16.020 adenomi avanzati pari al 6,1 per mille.

Copertura (impatto positivo dei programmi di screening sullo stato di salute della popolazione): mostra un andamento un po’ diverso rispetto agli altri due screening, con valori pre-pandemici al 39%, nel 2022 al 41%, ma con differenze tra macroaree con il Nord al 48%, il Centro al 45%, Sud e Isole al 30%.

Dalla lettura dei dati emerge che per lo screening mammografico e per quello cervicale l’offerta attuale si avvicina al valore fissato dall’Europa per il 2025 (pari al 90%), mentre per lo screening colon-rettale siamo lontani dall’obiettivo di oltre 10 punti percentuali. Si conferma il gradiente Nord-Sud osservato anche nel periodo pre-pandemia, ma permangono problematiche di partecipazione rilevanti in alcune regioni del centro, ma soprattutto del Sud e Isole dove vi sono valori di copertura per lo più compresi tra il 20% e il 30%, con situazioni in cui il dato è inferiore al 10%. Purtroppo, non abbiamo molto tempo, e senza un importante avanzamento del Sud non saremo in grado di raggiungere questo traguardo prefissato dall’Europa.

La vera sfida è duplice; garantire l’invito non basta, affinché lo screening sia efficace è necessario che la popolazione partecipi. Oggi sappiamo con certezza che individuare il cancro nelle sue fasi iniziali vuol dire garantire un tasso di sopravvivenza maggiore e una migliore qualità della vita. È questo il messaggio che dobbiamo veicolare con forza, anche attraverso il contributo fondamentale delle associazioni

Questo significa che è indispensabile adottare campagne permanenti di sensibilizzazione della popolazione congiunte a un’offerta capillare e fruibile. A tal fine è importante che la comunità scientifica e sanitaria approfondisca la riflessione sul DM 77 del 2022 in cui la prevenzione in generale e lo screening in particolare sono solo marginalmente citati e diventa quindi necessario che queste tematiche siano prese in carico a pieno titolo nell’ambito della riorganizzazione della sanità territoriale.

È dunque necessario continuare a lavorare per rafforzare la cultura della prevenzione primaria e secondaria, a partire dai più giovani: dall’adozione di stili di vita salutari per ridurre i fattori di rischio individuali alla promozione degli screening, aumentandone i livelli di copertura, riducendo la disomogeneità territoriale e aprendo alla prospettiva di estenderli a tumori attualmente non compresi nei programmi nazionali. Più in generale, serve più impegno nella prevenzione, sia primaria che secondaria.

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