Il ministro Schillaci vuole introdurre alcune novità sulla legge relativa al fumo, con divieti estesi anche alle sigarette elettroniche e a prodotti a tabacco riscaldato e introducendo divieti anche all’area aperta se i fumatori sono in presenza di donne in gravidanza o di minori.
«Novità da rivedere – spiega Francesco Fedele, ordinario di Cardiologia, direttore del Dipartimento malattie cardiovascolari e respiratorie all’ospedale universitario Umberto I, università La Sapienza di Roma -. Una politica di proibizionismo non penso che sia il massimo. Penso che vada fatto un distinguo per quelli che sono prodotti a tabacco riscaldato e sigarette elettroniche, che potrebbero essere di minor esposizione, di minor rischio».
Ritiene giusta l’estensione del divieto di fumo anche all’aria aperta in presenza di donne in gravidanza e minori?
Per quanto riguarda il divieto all’aperto si potrebbe modulare, ma bisogna vedere le distanze, i controlli che si possono fare: io mi ricordo in America già vent’anni fa non si poteva fumare all’aperto nell’area a 30 metri dagli ospedali, c’era un’area protetta intorno ai 30-50 metri di diametro. Non penso che questa sia la soluzione, penso che la soluzione sia di informare bene la popolazione su quali sono i danni di alcune sostanze e le possibili alternative, strategie a fronte soprattutto di persone che non vogliono smettere di fumare. Bisogna confrontarsi con la realtà.
Il ministro ha annunciato l’estensione di alcuni divieti anche alle sigarette elettroniche e ai prodotti a tabacco riscaldato: un atteggiamento che condivide?
Recentemente è uscito un lavoro su Medicine Nature, di autori americani, che, appunto, sottolineano l’importanza di questi prodotti alternativi per chi non vuole smettere di fumare. Io sono cardiologo e vedo che alcune persone, dopo un evento, per due o tre mesi smettono di fumare, poi però continuano a farlo. È una realtà con la quale bisogna confrontarsi, avere alternative a minore rischio, per questi pazienti penso che sia una strada percorribile. Con molta tranquillità, con un approccio non manicheo. Gli americani che di solito sono abituati ad essere manichei si stanno orientando in questo senso, la Food and drug administration si sta orientando in questa direzione. Noi che siamo sempre stati abituati a guardare le cose in maniera globale e con buon senso, dovremmo adeguarci a questo.
Prevenzione vuol dire anche riduzione del rischio?
Stimo moltissimo il ministro, è un collega universitario, lo conosco personalmente, ma credo ci debba essere un minimo di cautela perché non penso che il proibizionismo sia la cosa migliore. Io sono per una prevenzione che sia anche fatta di riduzione del rischio. Bisogna scomporre i problemi: il fumo di sigaretta va scomposto, esiste la nicotina che dà dipendenza, esiste il tabacco bruciato che sviluppa sostanze cancerogene. Se scomponiamo e andiamo a individuare quelli che sono i fattori più dannosi riusciamo anche ad avere una modulazione del rischio, soprattutto per quelle persone che decidono di non smettere di fumare. Ci sono, è uno zoccolo duro.
Ma le alternative aiutano a smettere di fumare?
Io personalmente non ritengo che le sigarette non a combustione aiutino a smettere di fumare, non lo so, sicuramente possono aiutare coloro che hanno deciso di non smettere di fumare. Occorre estrema attenzione, anche con azioni a livello scolastico, per i giovani per dire loro che non devono fumare. Penso che sia fondamentale dare la giusta informazione alla popolazione. Spero di incontrarmi con il ministro con cui abbiamo delle progettualità future per parlare di questo e rimodularlo in maniera meno categorica.
(Paolo Rossetti)
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