“La sigaretta è morta, non ha futuro nel mondo occidentale. Questo non vuole dire che la gente non assumerà nicotina. Se vogliamo metterci di traverso, come fanno tanti miei colleghi, va bene, ma è un discorso antistorico, è una battaglia persa. Tanto vale ridurre il rischio: avremo meno morti.

Questa è la mia posizione. Sono il direttore di uno dei più grossi centri in Italia per smettere di fumare ma quando mi si chiede se sono contrario a svapo o tabacco riscaldato rispondo di no”.



Fabio Lugoboni è direttore presso il Centro di medicina delle dipendenze di Verona, professore di psichiatria e medicina interna dell’Università di Verona, e sulle soluzioni alternative alle sigarette tradizionali è molto chiaro. Convinzioni, le sue, che lo guidano anche nel giudizio sulle novità nella lotta al fumo annunciate nelle scorse settimane dal ministro della Sanità Schillaci.



Tra i nuovi provvedimenti annunciati dal ministro c’è il divieto di fumo anche all’aperto in presenza di donne in gravidanza e minori. Ha un senso in termini di deterrenza del fumo o siamo nella direzione sbagliata?

Sì e no. È giusto che se ci siano delle limitazioni per il fumo da sigaretta, visto che può dare fastidio agli altri, anche lo svapo (la sigaretta elettronica, nda) può essere causa di fastidio, perciò bene o male è corretto che non si possa fumare in generale nei posti dove c’è il divieto. Ed è giusto che uno che svapa abbia le stesse limitazioni di chi usa le sigarette, anche se dà meno fastidio ed è meno irritante.



Ma è giusto penalizzare il fumo da svapo o da tabacco riscaldato al pari delle sigarette?

A mio avviso no.

Ma ora si parla di estensione dei divieti a tutt’e due i tipi di fumo.

Questo può essere condivisibile. Non vedo perché se a uno dà fastidio lo svapo se lo debba sorbire. Un conto però è dar fastidio agli altri e un conto creare un problema a se stessi. Lo svapo e il tabacco riscaldato non vanno penalizzati. Se mi si dice tassiamoli in maniera pari alle sigarette, rendiamo loro la vita dura come alle sigarette, la risposta è no. Nel senso che il Governo dovrebbe favorire la diffusione delle sigarette elettroniche e del tabacco riscaldato, perché poi va a finire che paga meno danni sulla salute.

Bisogna procedere nella direzione della riduzione del rischio?

È esattamente la riduzione del rischio, poi negli anni vedremo se è anche riduzione del danno. Riscaldare il tabacco a 200-300 gradi non è la stessa cosa che riscaldarlo a 800-900. Il danno è molto probabilmente più alto. Per il momento riduciamo il  rischio, sicuramente con lo svapo si riduce di molto, con il tabacco riscaldato si riduce anche sensibilmente.

Comunque bisogna verificare gli effetti nel tempo.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha sempre detto che il grande nemico è la combustione. Il famoso detto recita: la gente fuma per la nicotina ma si ammala per il catrame. Questo è in sintesi il concetto: niente catrame, eliminiamo le cause oncologiche, perché la nicotina non è oncogena, fa danni di altro tipo ma non questo.

È possibile già oggi smettere o bisogna andare solo su queste soluzioni alternative?

Sigaretta elettronica e tabacco riscaldato non sono sistemi per smettere di fumare, sono sistemi per fumare diversamente. L’unico vantaggio è che le persone in questione con ogni probabilità si ammaleranno meno. Io mi occupo di gente che vuole smettere con la nicotina, però se uno riduce il danno va bene.

Ma perché non basta limitarsi alla lotta contro il fumo tout court, puntando a far smettere la gente?

Ci sono due cose che devono essere chiare: le persone che provano a smettere da sole hanno una grandissima probabilità di fallire. L’80% di chi prova da solo fallisce nella prima settimana. Chi prova da solo a tre mesi ha il 2-3% di possibilità di portare a casa un successo. Se ci si appoggia a un centro antifumo le probabilità vengono ribaltate. Quella di essere astinenti dopo tre mesi è del 70%, proprio il contrario. Il problema è che meno del 10% dei fumatori si avvicinano ai centri antifumo: trattiamo una percentuale molto piccola.

Se il 90% che non cerca di smettere si avvicinasse alle soluzioni alternative il rischio sarebbe ridotto di un bel po’.

Certo, andremmo a ridurre il rischio in una popolazione che non verrebbe da noi. Purtroppo molti miei colleghi continuano a fare la guerra al tabacco riscaldato e alle sigarette elettroniche con l’illusione che si possa smettere tutti. Ma non è così.

(Paolo Rossetti)

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