I dati parlano chiaro e il neoministro della Salute anche. Ma c’è qualcosa di incongruente se si ascoltano entrambi.
I dati sul fumo tradizionale in Italia sono allarmanti. Secondo le ultime rilevazioni dell’Istituto Superiore di Sanità e del ministero della Salute, i fumatori sono aumentati negli ultimi anni anche per effetto della pandemia Covid. Nel 2019/2020 fumava il 22% della popolazione, una percentuale che è salita al 26,2% a maggio 2021, per poi riprendere a scendere al 24,2% a maggio 2022. Annualmente sono da attribuire al tabagismo oltre 93.000 vittime in Italia.
Allora un ministro dovrebbe parlare di prevenzione, di metodi per far smettere di fumare, ragionare anche sul ruolo che la tecnologia può svolgere per coloro che, nonostante tutto, non smettono. Ma i Centri antifumo italiani hanno in carico 18.700 persone, pari allo 0,16% del totale dei fumatori, ed è evidente che devono essere ripensati per essere resi più efficaci. Anche le campagne di sensibilizzazione, l’aumento delle tasse, le restrizioni sulle pubblicità, il divieto assoluto di fumare nei luoghi pubblici sono serviti a poco visto che i fumatori in Italia sono ancora più di dieci milioni. Invece, il ministro della Salute Orazio Schillaci nella sua prima dichiarazione pubblica sul tema del fumo ha espresso, brevemente, le solite posizioni scritte da qualcuno della sua struttura che ragiona così da decenni e così via con l’attacco alle sigarette elettroniche per equipararle alle sigarette tradizionali. «Intendo» ha detto «eliminare la possibilità di attrezzare sale fumatori nei locali chiusi; estendere il divieto anche alle emissioni dei nuovi prodotti non da fumo (sigarette elettroniche e prodotti del tabacco riscaldato)».
Forse c’era bisogno di nuovi divieti perché gli italiani si erano un po’ stufati di eludere quelli vecchi. E in più il ministro ha aggiunto: «Bisogna tener conto della costante crescente diffusione nel mercato di nuovi prodotti (sigarette elettroniche; prodotti del tabacco senza combustione) e delle sempre più numerose evidenze sui loro possibili effetti dannosi per la salute. Si ritiene necessario e strategico il recepimento della direttiva della Commissione relativamente all’eliminazione di alcune esenzioni che riguardano i prodotti del tabacco riscaldato». In sintesi, visto che la vecchia strada non porta da nessuna parte continuiamo a seguirla e, anzi, mettiamo i bastoni tra le ruote a chi cerca di affrontare il problema seguendo altri percorsi.
Diametralmente opposto è invece l’approccio dei Paesi che storicamente vantano i migliori risultati nella lotta al fumo tradizionale come Stati Uniti, Regno Unito, Svezia, Nuova Zelanda, solo per citarne alcuni. Probabilmente al Ministro queste esperienze non sono neanche state mostrate, al pari delle crescenti evidenze scientifiche sulla ridotta esposizione dei nuovi prodotti rispetto alle sigarette riconosciuta in questi giorni anche da tanti Istituti italiani di fama internazionale.
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