È stato tra i vertici dell’Organizzazione mondiale della sanità e ora dice pubblicamente quello che ha sempre sostenuto senza mai essere ascoltato: l’Oms sbaglia. Quello di Robert Beaglehole è un nome che non dice niente a nessuno, a meno di non occuparsi di medicina a livello internazionale. Però, è stato per anni direttore del Dipartimento malattie croniche e promozione della salute dell’Oms, è professore emerito dell’università di Auckland e, da medico, si è sempre occupato di sanità pubblica.



Per questo ha tutti i titoli per dire, come ha fatto negli scorsi giorni al Virtual E-Cigarette Summit Uk 2021, che il vero successo «sarebbe un mondo senza fumo, non senza nicotina perché il nemico sono le sostanze tossiche del tabacco bruciato». Beaglehole aggiunge: «La Convenzione quadro per il controllo del tabacco dell’Organizzazione mondiale della sanità non ha mantenuto le sue promesse. L’ingrediente mancante nella strategia dell’Oms è la riduzione del danno».



L’ex direttore dell’Oms mette in fila i dati. «Bisogna affrontare il problema degli 8 milioni di decessi causati dal tabacco ogni anno, circa 20 mila al giorno, ma anche quando è stato fatto i risultati non sono arrivati. Bloomberg Philanthropies, ad esempio, ha finanziato un intervento sul tabacco (Mpower) per almeno un miliardo di dollari. Ma laddove è stato implementato pienamente, come in Nuova Zelanda e altri Paesi benestanti, i tassi di fumo sono diminuiti solo lentamente. In altri Paesi sono aumentati». Per Beaglehole il fallimento è dovuto a tre motivi: i disagi legati all’astinenza dalla nicotina, il fallimento dell’Oms nell’abbracciare prodotti meno dannosi e l’attenzione al fumo giovanile a scapito del fumo fra gli adulti. «L’Oms», aggiunge, «almeno nel campo del controllo del tabacco, ha perso la sua strada. Gli obiettivi fissati sulle malattie croniche saranno raggiunti solo se gli obiettivi di riduzione del tabacco saranno rafforzati».



Per Beaglehole alle politiche dell’Oms manca un tassello e per spiegarlo elenca i casi di successo. «I Paesi che hanno abbracciato la riduzione del danno», osserva, «stanno rapidamente riducendo i tassi di fumatori. In Svezia, ad esempio, lo snus (tabacco per uso orale, ndr) sta rimpiazzando in maniera crescente il fumo di sigaretta, mentre in Giappone i dispositivi che non bruciano il tabacco hanno ridotto la vendita di sigarette del 30%. Nonostante questi esempi, l’Oms ha scoraggiato i prodotti per la riduzione del danno da tabacco. Diversi Paesi li hanno vietati, e per questo sono stati premiati anche se i tassi di fumatori hanno continuato ad aumentare», dice l’esperto che suggerisce di guardare alla «lezione che arriva dalla pandemia di Covid-19: abbiamo bisogno di una risposta globale coordinata con prove forti e indipendenti che non lasci nessuno indietro, una politica basata sulla scienza e una discussione trasparente sui rischi e il monitoraggio dei progressi». 

La battaglia contro le sigarette tradizionali, secondo Beaglehole, potrà essere vinta solo se l’Oms guiderà e non ostacolerà le strategie di riduzione del danno, se molti Paesi raggiungeranno obiettivi di riduzione e se l’industria del tabacco sceglierà di passare a prodotti per la somministrazione della nicotina meno dannosi. Ma l’Oms continua a fare muro, nonostante le evidenze che secondo Jamie Hartman Boyce, rappresentante del Cochrane Tobacco Addiction Group, un’organizzazione globale senza scopo di lucro, considerata il gold standard delle revisioni scientifiche, sono di «moderata certezza». «Le definiamo così», spiega Boyce, «soltanto per il basso numero di studi, ma non ci sono prove chiare di danni da e-cigs e gli eventi avversi gravi sono molto rari. Ci sono, invece, prove crescenti che le sigarette elettroniche sono meno dannose del fumo e possono aiutare le persone a smettere del tutto».

Al Virtual E-Cigarette Summit Uk 2021 si è discusso del perché le politiche di riduzione del danno e il vaping siano osteggiate da chi dovrebbe occuparsi di salute pubblica. Per Marcus Munafò, professore di psicologia biologica dell’University of Bristol, «anche gli scienziati altamente qualificati sono umani e possono essere soggetti a pregiudizi, la maggior parte dei quali inconsci, e questo influenza il modo in cui conducono una ricerca e interpretano le evidenze», mentre per Clive Bates, esperto che dirige Counterfactual Consulting, un’organizzazione di consulenza sulle policy, siamo di fonte a «nuove guerre del tabacco» nelle quali «forze ostili e alleate» si stanno fronteggiando e «influenzano la transizione verso alternative a basso rischio al fumo». Secondo Bates, occorre togliere tutto il rumore di sottofondo e per spiegare il concetto fa alcuni esempi. «Qualcuno ha trovato un’associazione tra vaping e frattura ossea. E questa diventa automaticamente un comunicato stampa che mostra che c’è un nesso di causalità. Ma quando si esaminano i limiti dello studio, si evince che sono significativi. In questo caso siamo di fronte a un abuso di correlazione e di causalità. Un altro esempio possono essere gli annunci pubblicitari su qualcosa che viene proposto come un fatto, ma che in realtà non lo è. Come la “nicotina uguale veleno per il cervello”. Oppure, “il vaping è sicuro come il paracadutismo senza paracadute”. La discussione dovrebbe essere basata solo sulle evidenze e le strategie di controllo del tabacco devono essere valutate alla luce della loro efficacia». 

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