Un appello al nuovo Governo. L’ennesimo in questo periodo. Sui generis, però, perché non cerca soldi, interventi od opere, ma solo «un confronto aperto, qualificato, maturo e non pregiudiziale». A chiedere ciò che dovrebbe essere la normalità è Riccardo Polosa, fondatore del Coehar, Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, che in un’intervista rilasciata ad Adnkronos ha proposto di andare oltre le notizie sensazionalistiche che, molto spesso, non rispecchiano alcuna solidità scientifica per affrontare la lotta al tabagismo in modo serio e partendo dallo scarso risultato che hanno ottenuto finora.
«Il dato Istat a maggio 2022», ha ricordato, «ci ha detto che i fumatori in Italia sono circa 10 milioni, ovvero quasi il 19% della popolazione. I dati sembrano inoltre indicare un lieve aumento rispetto al 2019, che probabilmente dipende dal difficile periodo legato alla pandemia, che ha inciso pesantemente nelle abitudini di fumatori ed ex-fumatori». Ma, nonostante i pessimi risultati delle politiche portate avanti finora, insiste Polosa, «si tende a snobbare l’unica vera innovazione nel campo del controllo del tabagismo: il vapagismo e l’uso di prodotti combustion-free a tabacco riscaldato». «In Inghilterra» continua l’esperto «una politica liberale nei confronti della sigaretta elettronica ha determinato un crollo nel numero di fumatori nel Paese. Cosa stiamo aspettando in Italia? Bisogna ripartire da una cultura della salute consapevole, che includa la riduzione del rischio come soluzione integrante del problema tabagismo. In tempi di nuovi riassetti politici, credo proprio che al nuovo governo sia dato il compito di ristabilire le linee guida delle politiche di salute pubblica e determinare finalmente la strada verso la corretta prevenzione e l’adozione di politiche della riduzione del rischio».
Polosa ha ricordato che le politiche di riduzione del danno non riguardano solamente il mondo del tabagismo, ma vengono applicate con successo in altri settori, anche nella vita di tutti i giorni: «L’uso del casco in motorino, o della cintura in macchina, sono un esempio comune di situazione di vita reale dove si cerca di mitigare il rischio derivante da una situazione. Parliamo quindi di un approccio multisettoriale, che permette di mitigare le conseguenze dannose a livello sociale, di salute ed economico di un’azione. Strategie che da anni vengono impiegate per quanto riguarda il consumo e la dipendenza da sostanze stupefacenti». «Purtroppo», aggiunge, «per quanto riguarda il mondo del tabagismo e del controllo del tabacco, esistono differenze abissali a livello mondiale: ci sono Paesi dove le sigarette elettroniche sono parte integrante dell’attività promossa dagli organi di salute pubblica e vengono consigliate dal personale sanitario, e paesi meno tolleranti, dove vige tuttora un approccio “o smetti o muori”, che ormai sappiamo non portare ai risultati sperati»
Il fondatore del Coehar ha sottolineato come sul fronte della ricerca scientifica ci siano risultati significativi e come l’Italia sia pioniera in questo campo: «Ormai le evidenze scientifiche che dimostrano la ridotta tossicità dei dispositivi elettronici rispetto al fumo combusto sono solide e ciò dipende da diversi fattori: in primis, il progresso tecnologico ha portato alla creazione e alla commercializzazione di prodotti più efficaci, con un impatto sicuramente diverso in termini di salute rispetto ai primi prototipi. In secondo luogo, abbiamo a disposizione dati nel lungo periodo che dimostrano il potenziale di questi strumenti anche nella diminuzione nelle comorbidità di determinate patologie, come ad esempio malattie polmonari, quali la Bpco o l’asma o malattie cardiovascolari. Inoltre, le metodologie della ricerca di settore sono cambiate. Al Coehar abbiamo portato avanti un progetto che conta la partecipazione di svariati laboratori internazionali che hanno replicato in maniera indipendente e standardizzata alcuni tra i più noti studi del settore, per ovviare a uno dei principali punti deboli della ricerca di settore: la mancanza di replicabilità. Siamo i primi al mondo ad aver valutato scientificamente i prodotti a rischio ridotto, stabilendo imprescindibilmente alcuni criteri di efficacia che sono ormai ripetuti in tutti i Paesi. Al Coehar siamo quasi a quota 100 pubblicazioni sul tema. L’Italia, con Catania in testa, ha scritto la storia di questo settore di ricerca e che le e-cig siano molto meno dannose delle sigarette convenzionali è ormai un dato scientifico consolidato. Quello su cui adesso dobbiamo concentrarci è l’azione sanitaria. Servono urgentemente interventi di salute pubblica che mirino a promuovere i prodotti a rischio ridotto come strumenti efficaci nella lotta al fumo».
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