La lotta al fumo in Italia deve cambiare rotta. Anche le ultime novità annunciate dal ministro della Salute Orazio Schillaci non vanno nella direzione giusta. Così la pensa Umberto Tirelli, già direttore di medicina oncologica presso il Centro nazionale dei tumori di Aviano, attuale membro del board oncologico del centro di Aviano, direttore scientifico del Tirelli Medical Group.



Occorre integrare le politiche esistenti con la riduzione del rischio: puntare a una riduzione tout court dei fumatori sperando che smettano non ha portato a risultati; bisogna cercare di fornire loro gli strumenti per ridurre i rischi per la salute.

Il ministro Schillaci ha annunciato nuovi divieti contro il fumo. Come li giudica e quale pensa che sia la direzione giusta per diminuire l’incidenza del fumo sulla popolazione?



Il numero dei fumatori non diminuisce con nessun intervento, neanche con le minacce sulle sigarette: non serve a niente, sarebbe la stessa cosa se le mettessimo sul vino o sulla vodka, non avrebbe nessun impatto. Non è facile smettere quando sei dipendente da qualcosa, non basta dire “Smettere di fumare”, è difficile metterlo in pratica. È chiaro che sarebbe meglio non fumare, ma l’unica cosa che si può fare, come fanno nel Regno Unito, in Nuova Zelanda, in Giappone, è la riduzione del rischio.

Le alternative alle sigarette, come le sigarette elettroniche e il tabacco riscaldato, possono aiutare in questo senso?



Possono servire, sì. In Svezia usano lo snus, è un tabacco che si mette sotto il labbro e la gengiva superiore, lo assumono così. I maschi svedesi hanno il numero di tumori del polmone più basso d’Europa. Le donne non prendono lo snus, anche perché non è gradevole, e infatti hanno la stessa incidenza di tumore del polmone come le altre donne europee. A Londra il ministero della Salute a chi non riesce a smettere di fumare o non vuole farlo consiglia di passare alle sigarette elettroniche: anche questa soluzione non è “pulita” del tutto, ma ha il 95% in meno di controindicazioni rispetto alle sigarette che bruciano. Io ho detto a moltissime persone di smettere, ma non lo fanno. L’idea che l’unica soluzione sia smettere di fumare è sbagliata, nel senso che poi molta gente non ce la fa, e allora è meglio aiutarli a ridurre il rischio. Molti pensano che la nicotina sia cancerogena, ma il problema è la combustione, non è la nicotina a essere cancerogena, ma il fatto che brucia.

Il principio di estendere i divieti anche alle sigarette elettroniche e alle altre alternative lo ritiene sbagliato?

Le scritte che abbiamo messo sui pacchetti di sigarette ha fatto effetto? No. L’unica strada, ripeto, è la riduzione del rischio. Ho detto a tanta gente di smettere di fumare e ha continuato lo stesso. Non tutti riescono. In Giappone, Paese dei più grandi fumatori del mondo, da quando hanno introdotto i prodotti a tabacco riscaldato la gente che fuma è diminuita del 20-30%.

(Paolo Rossetti)

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