Sigarette elettroniche bocciate. Più che aiutare a smettere di fumare o a ridurre il danno a volte inducono a fumare chi non ha mai toccato una sigaretta tradizionale o portano a riprendere la cattiva abitudine chi aveva smesso. Potrebbero essere efficaci, così come è stato fatto in Gran Bretagna e in Australia, solo quando utilizzate in seguito a una prescrizione, con un paziente, quindi, che viene seguito dal suo medico. Chi parla, sulla base di una serie di studi sugli utilizzatori delle sigarette elettroniche e Silvano Gallus, capo laboratorio del Dipartimento di Ricerca epidemiologica medica dell’istituto Mario Negri. Per conoscere gli effetti di questi nuovi prodotti sull’insorgenza di patologie occorrerebbe uno studio prospettivo. Ma per i risultati bisognerebbe attendere una ventina d’anni.



Dal punto di vista scientifico le alternative alle sigarette, quindi tabacco riscaldato e sigarette elettroniche, hanno delle controindicazioni?

Non esiste un dibattito su questo tema, viene creato dall’industria del tabacco. Tutta la ricerca indipendente ha già bocciato questi prodotti. Poi ci sono coloro che sono finanziati dall’industria che ovviamente dicono qualcosa di diverso. L’organizzazione mondiale della sanità, l’istituto superiore della sanità in Italia hanno già bocciato i prodotti in questione.



Dalla vostra esperienza cosa emerge riguardo ai prodotti alternativi alla sigaretta tradizionale?

La prima cosa che abbiamo osservato in Italia è che non c’è stata un’accelerazione della riduzione della prevalenza dei fumatori di sigarette tradizionali dopo l’immissione in commercio delle sigarette elettroniche dapprima e di quelle a tabacco riscaldato poi. Nel 1956 fumava il 35% della popolazione, nel 2013 la prevalenza dei fumatori era del 20%, si era dimezzata: una diminuzione costante. Dal 2013 sono entrate in commercio le sigarette elettroniche e non si osserva più una diminuzione. Anzi, c’è stato un leggero aumento. Non c’è stata la riduzione preventivata dagli slogan dell’industria del tabacco.



Come vi siete mossi per studiare la materia?

Abbiamo svolto indagini trasversali prendendo un campione rappresentativo della popolazione italiana e abbiamo chiesto alle persone se consumassero sigarette elettroniche o meno. Sistematicamente, tutti gli anni, abbiamo osservato che erano più coloro che dicevano di aver iniziato o ricominciato a fumare con le sigarette elettroniche che quelli che sostenevano di aver smesso grazie al loro utilizzo. Abbiamo visto che a volte sono stati gli stessi genitori a regalare ai ragazzi le sigarette elettroniche perché non inizino a fumare, non sapendo che una volta diventati dipendenti dalla nicotina possono passare alle sigarette tradizionali.

Avete effettuato anche uno studio prospettico?

L’abbiamo condotto e pubblicato nel 2023 sulla rivista Tobacco control. Abbiamo preso un gruppo di persone, 3180 italiani, intervistandoli in due momenti diversi a distanza di sette mesi. Di tutti gli italiani che non avevano mai fumato alcuni al follow up avevano iniziato a fumare e sono il circa il 3%. Abbiano visto che gli utilizzatori di sigarette elettroniche e tabacco riscaldato rischiano da sei a nove volte in più di iniziare a fumare rispetto a chi non consuma sigarette. Questo vuol dire che un giovane che non ha mai fumato ma utilizza le sigarette elettroniche dopo poco tempo ha un rischio dieci volte maggiore di iniziare a fumare rispetto a chi non usa i nuovi prodotti. Vale anche per gli ex fumatori, che hanno ricominciato a fumare. Nella sostanza chi usa le sigarette elettroniche ha un rischio molto maggiore di iniziare a fumare o tornare a farlo se aveva smesso.

Una bocciatura su tutta la linea?

Nella vita reale non esiste che questi prodotti consentano ai fumatori di smettere di fumare. Anzi, c’è chi usa la sigaretta elettronica per poter fumare nei posti dove non si può fare, anche nei luoghi di lavoro. Due utilizzatori su tre dei prodotti alternativi li usava dove era vietato fumare.

I consumatori duali, che usano sia la sigaretta tradizionale che quella elettronica, sfruttano la seconda per fumare dove vogliono?

I consumatori duali sono la stragrande maggioranza di chi usa sigarette elettroniche. Non nego che ci sia qualcuno che ha smesso grazie alle sigarette elettroniche. Però è quasi una rarità.

I prodotti alternativi però dovrebbero essere molto meno pericolosi della sigaretta. O no?

Questi prodotti fanno meno male rispetto ai prodotti tradizionali, anche perché è difficile che ci sia un altro strumento che faccia male come questi ultimi. Fumando sigarette tradizionali si assumono sostanze cancerogene. Nei nuovi prodotti sono presenti nell’ordine del 10% rispetto alle sigarette classiche, ma sprigionano altre sostanze che non sono presenti nelle sigarette, tra le quali alcune cancerogene.

Che cosa bisogna fare allora?

Bisogna procedere con studi prospettici per vedere se la sigaretta elettronica fa più o meno male. Ma per avere questi dati ci vogliono almeno vent’anni. Noi stiamo mettendo in piedi uno studio grazie ai finanziamenti Airc, l’associazione italiano per la ricerca sul cancro. Vogliamo intervistare 20mila persone per vedere dopo due anni se hanno avuto delle patologie in funzione dell’uso delle sigarette elettroniche, controllando l’incidenza delle malattie respiratorie.

Ma quali sono i dubbi che rimangono sulle sigarette elettroniche?

Nei liquidi delle sigarette elettroniche ci sono migliaia di sostanze, di aromi diversi, di cui non sappiamo niente. Conosciamo l’effetto se sono ingerite non se sono inalate. E nel 2019 nella fascia 13-15 anni l’Italia, fra i 75 Paesi investigati, era quello con la maggiore frequenza di soggetti che avevano provato anche una sola volta le sigarette elettroniche: il 55%.

Ma ci sono Paesi come il Regno Unito che hanno creduto nelle sigarette elettroniche, come giudica questa esperienza?

L’Inghilterra ha fatto un endorsment verso le sigarette elettroniche da tanti anni. Hanno sbagliato completamente e presto ne vedremo i risultati. Ma hanno suggerito a tutti i medici di raccomandare la sigaretta elettronica ai fumatori. Non di favorire la diffusione delle sigarette elettroniche, ma di usarle al posto del fumo tradizionale. In un clinical setting, quando il medico ti prescrive la sigaretta elettronica, è tutta un’altra cosa. Se il paziente venisse seguito dal medico potrebbe essere efficace. L’Australia ha vietato la vendita delle sigarette elettroniche, ma ha permesso la prescrizione da parte dei medici di una specifica sigaretta elettronica. I produttori prendono ad esempio queste esperienze per dire che funziona, ma nella vita reale non è così, al di fuori di un setting clinico non funziona.

 

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