Ennesimo dramma a Pieve di Soligo, in provincia di Treviso, dove un’operaia è morta incastrata in un macchinario. La tragedia è avvenuta in un’industria alimentare: la giovane sarebbe rimasta incastrata con il capo compresso e stritolato in una macchina industriale. Sulla vicenda stanno indagando i carabinieri della compagnia locale e lo Spisal. Al Quotidiano Nazionale ha parlato Emma Marrazzo, la madre di Luana, che come la 26enne di Treviso è rimasta uccisa in fabbrica in un macchinario: “Una piaga personale aperta, che diventa quella di tantissime persone, perché a due anni e mezzo di distanza, vedo che nulla è cambiato”.



A cambiare, secondo la donna, dovrebbe essere prima di tutto “la Legge. Ma dobbiamo affrettarci con la raccolta di firme sulla piattaforma (raccoltafirme.cloudapp) perché sia discussa finalmente la legge sull’omicidio sul lavoro. Ad oggi sono state oltre diecimila le firme sulla piattaforma ma ci avviciniamo alla scadenza, a gennaio, e dobbiamo arrivare a raccoglierne almeno 50mila. È una battaglia importante, ma non è l’unico fronte su cui lavorare. Insieme bisogna cambiare la mentalità delle persone e bisogna iniziare dai ragazzi, dai bambini. Per questo, continuo i miei incontri nelle scuole”.



La mamma di Luana: “Mio nipote aveva 5 anni quando la mamma è morta”

Dopo la morte di Luana D’Orazio, avvenuta due anni e mezzo fa, la mamma ha iniziato una battaglia per chiedere giustizia. Emma Marrazzo, al Quotidiano Nazionale, ha raccontato ciò che dice ai ragazzi nelle scuole: “Parlo ai futuri lavoratori ma anche ai futuri imprenditori. La sicurezza va compresa come valore, non come un passaggio burocratico. Se non cambiamo la testa e il cuore delle persone, niente si muoverà. I bambini sono molto più interessati di quello che si possa pensare, fanno domande e ascoltano. Forse perché io sono una mamma e una nonna”.



Oggi Emma sta crescendo il nipote, il figlio di Luana: “Lui era un bambino di 5 anni, quando ha perso la mamma. Eppure ha subito capito quello che era successo: ’Se la mamma è stata uccisa dalla macchina – mi ha detto – quella macchina va cambiata subito’. Così parla un bambino, ma ci sono adulti che non comprendono”. Secondo la donna quello che non si capisce è “che a un macchinario potenzialmente pericoloso bisogna lavorare sempre in due, anche se costa di più. Che ci deve essere un responsabile, addetto al controllo di ogni settore, che vigili sul lavoro degli operai“.