Il processo per la morte di Luana D’Orazio, la ventiduenne che il 3 maggio di un anno fa ha perso la vita mentre stava lavorando presso un orditoio che secondo l’accusa era stato manomesso per aumentare la velocità in una fabbrica a Montemurlo, in provincia di Prato, è iniziato lo scorso aprile. In occasione della prima udienza, avvenuta nelle scorse ore, come riportato da Repubblica, il gup Francesca Scarlatti ha definito quelle che saranno le parti civili. Ammessi, in tal senso, la mamma della vittima Emma Marrazzo; la Femca, sezione tessile del sindacato Cisl; l’Inail; e l’Anmil, Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro. Non è stata accolta invece la richiesta della Cgil.



È stato escluso anche il padre naturale del figlio della ragazza. Il giudice ha ritenuto “inammissibile” la richiesta in quanto l’uomo, originario della Calabria, e Luana non avevano più alcun rapporto da tempo. È anche per questo motivo che l’affido temporaneo del bimbo, che oggi ha 6 anni, è stato dato dal Tribunale dei Minori ai nonni materni.



Luana D’Orazio: i dettagli sul processo, dalle parti civili agli imputati

Ad essere imputati nel corso del processo per la morte di Luana D’Orazio sono Luana Coppini e Daniele Faggi, rispettivamente titolari di diritto e di fatto della fabbrica tessile della provincia di Prato in cui è avvenuto l’incidente mortale. I coniugi, come riportato da Repubblica, hanno richiesto il patteggiamento per le accuse di omicidio colposo e rimozione delle cautele antinfortunistiche. L’altro, Mario Cusmano, manutentore esterno della ditta, non ha invece intenzione di fare ricorso a riti alternativi.



“È importante che la pena sia esemplare. Non è possibile lavorare in quelle condizioni. Non è stato un infortunio sul lavoro, non si parla di una macchina inceppata. Qualcuno deve prenderne coscienza”, questo è stato il commento di Emma Marrazzo, la mamma di Luana, al termine dell’udienza.