Il Governo si costituisca parte civile“. È la richiesta formulata dall‘Associazione delle ong italiane, oggi delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI), in merito al processo per l’omicidio dell’ambasciatore Luca Attanasio e di Vittorio Iacovacci in Congo. Il comunicato arriva a pochi giorni dalla convocazione dell’udienza preliminare per le morti del diplomatico, del carabiniere di scorta e dell’autista Mustapha Milambo, prevista per il 7 luglio prossimo.



È un atto dovuto alla famiglia e a tutta l’Italia – si legge nella nota diffusa sul sito web della Rete AOI -. Non possiamo credere che il Governo non abbia interesse a compiere questo atto di civiltà e responsabilizzazione per cercare la verità sull’assassinio di un alto rappresentante delle sue istituzioni. E neppure crediamo che se ne stia dimenticando. Il 22 febbraio 2023, a distanza di 2 anni da quel tragico giorno dell’agguato, la Presidente Meloni nel ricordare Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci affermava che sapere cosa sia realmente accaduto non è solo un dovere istituzionale, ma un atto di giustizia e di amore, assicurando così il pieno sostegno delle Istituzioni”.



Il padre di Luca Attanasio: “Mi aspetto giustizia per quello che è successo”

Pochi mesi fa, il padre di Luca Attanasio, ai microfoni dell’Ansa, ha ribadito la sua speranza nel lavoro degli inquirenti e dei giudici, senza trascurare le aspettative sulla posizione del Governo italiano: “Mi aspetto giustizia per quello che è successo. Noi speriamo che l’Italia si costituisca parte civile, per una questione certamente non risarcitoria ma di etica, di dignità, perché non dimentichiamo che sono caduti in servizio due servitori dello Stato. Non abbiamo avuto ancora segnali in questo senso, la speranza è l’ultima a morire“.



Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci morirono in un attacco del 22 febbraio 2021 in Congo. Con loro perse la vita l’autista del Programma alimentare mondiale (Pam) Mustaoha Milambo. La vedova dell’ambasciatore, Zakia Seddiki Attanasio, alla luce della richiesta di pena di morte per i sei imputati del triplice omicidio nel processo congolese a Kinshasa, attraverso la Fondazione “Mama Sofia” da lei presieduta ha avviato una petizione per dire no alle esecuzioni.  “Ho accolto con dolore – ha dichiarato Zakia Seddiki – la richiesta di condanna alla pena di morte per gli imputati, nel processo in corso a Kinshasa, per l’assassinio di Luca, Vittorio e Mustafa. Luca era un uomo buono, mosso da profonde motivazioni umanitarie e di elevatissimi ideali ed era assolutamente contro la pena di morte. Ne avevamo parlato spesso e desidero testimoniarlo ora, di fronte a questa richiesta di condanna alla pena capitale. Chiediamo al Ministero degli Affari Esteri, che era la sua casa, e all’Ambasciata d’Italia a Kinshasa, parte civile nel processo, di trasmettere a chi dovrà emettere il giudizio, questo nostro desiderio, questo nostro appello. Luca avrebbe voluto proprio questo“. Per le persone chiamate alla sbarra in Congo, di cui soltanto una latitante, è arrivata una condanna all’ergastolo.