Se c’è una cosa che Salvatore Attanasio farà fino alla fine dei suoi giorni, è chiedere giustizia per suo figlio. Il 71enne, padre di Luca, l’ambasciatore italiano ucciso nella Repubblica democratica del Congo a soli 43 anni, vuole che venga fuori la verità. Il figlio fu ucciso in un agguato: quel 22 febbraio del 2021, insieme al diplomatico, persero la vita anche il carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo, l’autista congolese del Pam (Programma alimentare mondiale) che li accompagnava. In attesa dell’udienza preliminare a Roma, nella quale il giudice dovrà stabilire se concedere l’immunità diplomatica richiesta dei difensori degli imputati, Rocco Leone e Mansour Rwagaza (quest’ultimo al momento irreperibile), l’Associazione “Amici di Luca Attanasio” ha convocato un gruppo di giornalisti per lanciare un appello all’opinione pubblica.
L’Associazione ha espresso lo sdegno dei familiari e degli amici di Luca per quanto sta accadendo nel processo contro i due funzionari del Pam: entrambi, accusati di omicidio colposo per non aver adeguatamente vigilato sulla sicurezza della missione in cui hanno perso la vita metà dei sei componenti del convoglio, potrebbero passarla liscia. Non ci sta Salvatore Attanasio, che chiede che il Governo italiano si costituisca parte civile.
Salvatore Attanasio: “Una cosa vergognosa”
Salvatore Attanasio, papà di Luca, ritiene uno scandalo che il governo italiano non si sia costituito parte civile “in quanto Luca era un servitore dello Stato, così come Vittorio”. Assistito dall’avvocato Rocco Curcio dichiara a Famiglia Cristiana: “In occasione dell’anniversario dell’uccisione di mio figlio la presidente del Consiglio ha parlato della volontà di cercare la verità sull’omicidio, ha evocato il patriottismo, ma poi non è successo nulla. Una cosa vergognosa”. E ancora: “Nell’arco di due anni e mezzo nessuno ha fatto nulla. Abbiamo ricevuto tante pacche sulle spalle dai rappresentanti del potere, sia italiani che europei, ma purtroppo non abbiamo visto nessun atto concreto per ottenere verità e giustizia. L’uccisione di un ambasciatore è un atto politico, poiché rappresenta un’aggressione allo Stato. La mancata costituzione come parte civile è un atto grave del governo. Un messaggio molto negativo di cui ci devono essere spiegati i motivi”.
Il silenzio delle istituzioni italiane preoccupa la famiglia Attanasio, che si è fatta un’idea sul disinteresse dello Stato: “Non è che nella Repubblica democratica del Congo ci sono in gioco interessi economici notevoli, in particolare legati allo sfruttamento delle risorse minerarie del Kivu, tali da interferire col processo per stabilire la verità?”. Sebbene la famiglia abbia accettato di rinunciare al procedimento a carico dei due funzionari del Pam, accogliendo un accordo risarcitorio “nell’esclusivo interesse delle tre nipotine”, Salvatore Attanasio spiega che questo non vuol dire che la sua battaglia sia terminata.