Rinviato a giudizio per traffico di influenze, Luca Barbareschi ha sfogato tutta la sua rabbia a Non è L’Arena. L’attore-produttore ha tenuto un discorso da una gabbia ed è tornato sulle ultime vicende giudiziarie che lo hanno riguardato: «Ho deciso di investire 5,6 milioni per rifare due teatri, più altri 7 per comprarlo e poter investire in un polo di bellezza, di cultura e di innovazione in una città dolente e devastata come Roma. Il risultato dal punto di vista qualitativo è enorme: tantissimi spettacoli, 60 eventi di cultura e musica. Da quel luogo son nati Mia Martini, Walter Chiari, Olivetti, i film di Roman Polanski e tantissime altre cose. Quando ho deciso di fare questa cosa, l’allora ministro Franceschini fece un grandissimo endorsement: per la prima volta nella storia italiana dai tempi di Rossini un privato metteva soldi propri. Da lì è iniziato un incubo: da quel momento non hanno più voluto dare soldi all’unico teatro di rilevanza culturale del Lazio».



LUCA BARBARESCHI A NON E’ L’ARENA: “VOGLIO ESSERE ARRESTATO”

Luca Barbareschi ha aggiunto: «Ma non solo, la cosa più comica è che ho anche avuto un avviso di garanzia: sono stato inquisito per aver fatto traffico di influenze. In che cosa consiste? Che da cinque anni, ogni anno, faccio il mendicante nella speranza di far capire a qualcuno che siamo l’unico teatro italiano che non prende sovvenzioni congrue e non può stare in piedi, a meno che non venda i biglietti 200 euro a poltrona». Dopo aver citato la “censura” della Rai, il produttore de L’ufficiale e la spia ha aggiunto: «Se ho fatto qualcosa di male, voglio essere arrestato: io sto continuando a fare il traffico di influenze. La mia vita, come quelle di tutti i sovrintendenti di tutti i teatri italiani lirico-sinfonici, passa tra le stanze della politica: dobbiamo convincere i nostri eletti a pensare a una legge che loro faranno, come la Legge Eliseo che per due anni ci ha permesso di sopravvivere».



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