Un disco-tributo dove artisti del calibro di Luca Carboni, Davide Van de Sfroos, Omar Pedrini e Paolo Fresu ricordano la figura di Claudio Chieffo cantandone i suoi testi più famosi e facendone riscoprire al grande pubblica l’arte del cantautore romagnolo scomparso 14 anni per un tumore. Intervistato dai giornali del “Quotidiano Nazionale”, è Carboni a soffermarsi sull’insegnamento e il lascito che questo artista profondamente cristiano (si esibì più volte davanti a Papa Giovanni Paolo II) ha marcato in tanti artisti della sua epoca, da Gaber a Guccini passando per Horowitz e – indirettamente – per lo stesso autore di “Ci vuole un fisico bestiale” e “Silvia lo sai”.



«Da ragazzino cantavo le sue canzoni, in parrocchia, fuori Porta Lame, nella mia Bologna. Cominciai in una chiesa- prefabbricato: il cappellano, don Felice, ci lasciava le chiavi e noi ragazzi potevamo suonare. Lì dentro c’era tutto, a parte la batteria che dovevamo portare noi. Con don Felice c’era un patto: non dovevamo fare troppo casino, per il resto eravamo liberi», racconta Carboni al QN annunciando l’uscita del disco tributo con 22 canzoni di Chieffo ri-cantante da autori come Luca Carboni, Gioele Dix, Omar Pedrini, Davide Van de Sfroos, Paolo Fresu, Giacomo Lariccia, Paolo Cevoli e tanti altri. Un progetto benefico (uscita dal 5 novembre sul portale http://www.claudiochieffo.com/it/claudio-chieffo-official-website.aspx?idC=61642&LN=it-IT, ricavato in beneficienza per aiutare i bimbi del Kenia attraverso AVSI) che farà ricordare al grande pubblico alcuni brani tutt’altro che riducibili come “musica da parrocchia”. Così Giorgio Gaber ricordava anni fa la produzione di Chieffo: «Nelle canzoni di Claudio c’è un’onestà, una pulizia, un amore naïf che fa pensare. Siamo profondamente diversi, non solo per le sicurezze che lui ha e che io non ho, ma soprattutto perché nelle sue canzoni lui non fa mistero delle sue certezze».



IL DISCO DEDICATO A CLAUDIO CHIEFFO

Nel disco Carboni canta “Io non sono degno” e ne rimane del tutto affascinato: «Parole forti, importanti. E mi viene in mente tutto il mondo che c’era dietro a quel mio periodo adolescenziale: mia madre catechista, la messa Beat con le chitarre, mio fratello che suonava anche l’organo in chiesa, oltre alla chitarra». Essere degni di qualcosa, specie al mondo di oggi, è tutt’altro che “semplice” e questo Carboni lo riconosce alla perfezione: «a volte, in tutti questi anni di musica, ho accarezzato l’idea di scrivere un album diciamo così religioso. Meglio ancora: musicare e scrivere una messa a modo mio. Mai fatto perché è rimasto solo un progetto mentale. Forse alla fine non mi sono mai sentito pronto, degno». L’opportunità data da Benedetto Chieffo – figlio del grande Claudio e protagonista del nuovo disco-tributo al padre – a Luca Carboni potrebbe però aver riacceso qualcosa, «chissà che non si rimetta in moto qualcosa dentro di me». Una fede in Carboni c’è sempre stata e non lo nasconde neanche nei suoi grani successi: «Il mio rapporto con Dio e intenso e profondo. Mia madre mi ha aperto una finestra sul divino che non si chiuderà mai. Anch’io ho attraversato e attraverso diverse fasi e in diversi modi. Ultimamente sono più sensibile a sentire, ascoltare questa mia dimensione. Vado a messa, mi fa star bene, mi aiuta molto». Sempre nella canzone interpretata nel nuovo album, “io non sono degno”, l’artista emiliano sottolinea «a un certo punto si canta: ‘Io non ho nulla da donare a te ma se tu lo vuoi prendi me’. Ecco, sentirsi nelle mani di qualcun altro. Ci vuole una grande umiltà, riconoscersi nei proprio limiti. L’io che non diventa Dio. È una canzone bella e struggente». In un mondo pieno di dubbi, e con una fede imperversata da domande e struggimenti come racconta Luca Carboni, «sicuramente l’arte di Claudio Chieffo, era invece fondata sulla certezza».

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