Per l’Italia, Luca è un piccolo evento – è un film Disney/Pixar diretto da un italiano, Enrico Casarosa, ed è ambientato su un immaginario paesino della riviera ligure – per cui ci sarebbe piaciuto avesse avuto, almeno da noi, una sua circuitazione nelle sale. A vederlo però ci si rende conto che il film è pensato, ed è perfetto, per lo streaming, per gli schermi e la fruizione casalinghi, senza troppo togliere alla qualità del film.
Il Luca del titolo è un mostro marino, attratto dalla terra ferma contro il parere dei genitori, che viene portato in superficie da Alberto, un altro mostro che ha scoperto le gioie del mondo di sopra, capendo anche che fuori dall’acqua le loro sembianze sembrano perfettamente umane. I due “ragazzini” si avventurano così nel paesino di Portorosso, dove grazie all’amicizia scopriranno la bellezza del mondo e la voglia di esplorarlo.
Scritto dal regista assieme a Jesse Andrews, Mike Jones e Simon Stephenson, Luca è una boccata d’aria nel mondo Pixar che in questi anni sembrava un po’ arenato su film adulti che sembravano voler raccontare – a modo loro – di morte e abbandoni: ispirandosi a Miyazaki, Casarosa ha raccontato una storia molto personale di amicizia tra ragazzi, una storia di formazione in cui i luoghi e i sentimenti contano di più delle azioni.
La struttura narrativa del film infatti è semplice, a rischio banalità (il bullo del paesino, la gara “sportiva” per conquistare il rispetto di sé e degli altri) e il progetto in sé, per budget e ambizioni cinematografiche, è più piccolo, quasi minore per vocazione, ma al tempo stesso vuole riportare i film del marchio a una leggera freschezza, a liberarli un po’ dal dominio del meccanismo narrativo e del world building, che aveva afflitto molti suoi film recenti, per far loro respirare una certa libertà.
Niente di rivoluzionario, sia chiaro, ma Luca con il suo racconto di un’amicizia infantile così fisica, sincera, vicina alle bromance del cinema americano adolescenziale – le amicizie che sembrano diventare storie d’amore (c’è persino un momento di gelosia quando Luca comincia a provare interesse per Giulia) – parla bene agli spettatori più piccoli che si riconoscono in quei personaggi tondeggianti e pupazzeschi e ai più adulti, pronti a riscoprire quel tipo di sentimenti estivi. E poi, al netto degli stereotipi qui però molto meglio maneggiati che altrove (il film è ambientato alla fine degli anni ’50, in provincia), la ricostruzione ambientale è sincera e riuscita, i personaggi, grazie anche all’italiano, sono parecchio espressivi e i messaggi ovviamente condivisibili (aiutare gli amici è più importante che vincere una gara).
Volendo ci sono anche implicazioni più nascoste, come il rapporto tra due ragazzi maschi che sembra richiamare in modo casto quello tra i protagonisti di Chiamami col tuo nome di Guadagnino, una riflessione sulla differenza tra Coming out e outing, ma anche nella sua essenza primaria Luca è un film che sa lavorare sui suoi elementi basilari con il giusto tono, che sa calibrare perfettamente le sue immagini all’era degli schermi casalinghi senza rinunciare ad aperture oniriche o più ambiziose, che cita e strizza l’occhio (Mastroianni, le canzoni d’epoca, i numerosi riferimenti a locandine e film sparsi lungo la scenografia) con naturalezza da tenere a mente. Ed è un film che fa sentire lo spettatore italiano contento di essere nato nel Bel Paese, almeno per un po’.
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