Una sorta di esempio per tutti i giovani che si trovano a fare i conti con una disabilità improvvisa, ma anche uno degli atleti paralimpici più quotati per gli ormai imminenti Giochi parigini del 2024 (inizieranno il prossimo 28 agosto), Luca Mazzone è stato scelto dal Comitato paralimpico come portabandiera per i nostri azzurri assieme alla collega Ambra Sabatini; e proprio partendo da qui – per poi arrivare anche all’incidente che l’ha visto protagonista all’età di soli 19 anni, cambiandogli completamente la vita – ha rilasciato un’intervista per il quotidiano Avvenire.



Quello di portare alto il nostro tricolore nella strada fino a Parigi per Luca Mazzone è stato un vero e proprio “onore” che collega – però – anche alla “tanta umiltà” che ha sempre saputo mettere negli allenamenti e ai “grandi sacrifici personali” fatti negli anni; diventando un vero professionista “di nuoto e paraciclismo” e conquistando la bellezza di “diciotto ori ai mondiali, tre alle paralimpiadi [e] otto argenti“.



Della cerimonia degli scorsi giorni ricorda in particolare l’intervento di Mattarella che “quando si avvicinato a me per stringerci la mano – racconta Luca Mazzone sempre ad Avvenire – ha detto ‘Luca, sei proprio bravo'”, per poi ripeterlo anche “nel suo discorso, facendomi commuovere” e – forse soprattutto – “riconoscendo in me un atleta a tutto tondo” caratterizzato da tenacia e costanza.

Luca Mazzone: “L’antifragilità è il modo per superare sfide e difficoltà senza lasciarsi abbattere”

Superato l’argomento delle paralimpiadi – per le quali sottolinea di essersi “preparato duramente, dando il massimo” – Luca Mazzone si è ricollegato ad una delle parole più comuni nel suo vocabolario: quella “antifragilità” che secondo lui significa e simboleggia il fatto che “rispetto a quanto può accadere nella vita, spetta a ciascuno [di noi] reagire in maniera positiva, scongiurando il vittimismo e la depressione“.



Un argomento che conosce – suo malgrado – fin troppo bene perché è dai 19 anni che Luca Mazzone si trova costretto in sedia a rotelle dopo un tuffo (finito male) in mare; ed è proprio lì, dal letto d’ospedale in cui è stato a lungo ricoverato, che ha scoperto e capito due cose: da un lato l’importanza della famiglia che “è stata fondamentale [per] aiutarmi a raccogliere (..) i cocci della mia vita [e per] la mia riuscita di uomo e di atleta”.

Dall’altro lato – continua Luca Mazzone – quella della fede, tenendo sempre a mente la figura di “Gesù che viene fustigato e sopporta quei dolori per noi” e che per lui è diventato un vero e proprio esempio per imparare a farsi “forza per la mia vita”; il tutto senza dimenticare neppure il ruolo (altrettanto fondamentale) della moglie Mara che oggi descrive come “il mio alfiere, il mio guerriero di spalla che mi ha aiutato in tutto” e senza la quale non fatica ad ammettere che “non ce l’avrei fatta“.