Il giorno dopo l’espulsione di Luca Palamara dall’Anm l’ex pm di Roma l’aveva “giurata” ai suoi colleghi magistrati e così nell’intervista a Repubblica fa direttamente i nomi di chi avrebbe, secondo lui, approfittato delle correnti per fare carriera. Insomma di chi nell’ipotesi di Palamara avrebbe agito esattamente come lui (oggi indagato per corruzione dalla Procura di Perugia): «Tanto paga per tutto Palamara…» commenta sarcastico il magistrato sospeso dal Csm ed espulso dall’Anm dopo lo scandalo toghe su cui ha tuonato giovedì scorso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Palamara non si è svegliato una mattina e ha inventato il sistema delle correnti. Ma ha agito e ha operato facendo accordi per trovare un equilibrio e gestire il potere interno alla magistratura – spiega a Rep -. La Costituzione ha voluto che la magistratura fosse autonoma e indipendente». Per l’esercizio di questo potere i magistrati, secondo Palamara «hanno scelto di organizzarsi in correnti che nascono con gli ideali più nobili, ma che storicamente hanno poi subito un processo degenerativo…».
PALAMARA FA I NOMI
Il messaggio è chiaro, Palamara si assume le sue responsabilità ma non quelle di tutti gli altri: «non ho agito da solo», rimarca nell’intervista, «non lo dico solo io, ma anche molti autorevoli commentatori come la presidente del Senato Elisabetta Casellati e magistrati di sinistra come Livio Pepino. Riferiscono che il clientelismo all’interno della magistratura non è certo un problema che ho inventato io. Limitarlo solo a me o a un gruppo associativo significa ignorare la realtà dei fatti, o peggio ancora mentire». Da ex Presidente Anm Palamara dovrà rispondere «dei miei comportamenti e di quello che è accaduto all’hotel Champagne. Ma, allo stesso tempo, non posso essere considerato solo io il responsabile di un sistema che ha fallito e che ha penalizzato coloro i quali non risultano iscritti alle correnti».
In merito a 5 componenti probiviri dell’Associazione Nazionale Magistrati, 3 dice di conoscerli molto bene in quanto esponenti di altrettante correnti. C’è il presidente Di Marco che dalle carte di Perugia «è risultato essere il difensore disciplinare di Giancarlo Longo, il magistrato che, secondo le originarie accuse rivoltemi da Perugia, ma poi cadute, io avrei favorito per la procura di Gela», sostiene Palamara, ma c’è anche Gimmi Amato «che nel 2016 venne nominato procuratore di Bologna secondo i meccanismi di cui tanto si parla oggi. Fermo restando il suo indiscusso valore», spiega a Repubblica. Infine Viazzi, esponente di MD, «ho sempre stimato ma che poi sacrificai per la nomina di presidente della Corte di appello di Genova, a vantaggio dell’alleanza con Magistratura indipendente, che portò a preferire al suo posto la collega Bonavia. Sono loro – conclude Palamara – per primi i beneficiari del sistema di cui solo io oggi sono ritenuto colpevole».
LA REPLICA DELL’ANM
Il terremoto è appena cominciato e dopo i primi nomi fatti il mondo della magistratura prova a reagire con fermezza: «Un giudice dovrebbe essere in grado di leggere lo Statuto di una associazione. Ancora di più quando ne è stato Presidente. Il dottor Palamara non è stato sentito dal Cdc semplicemente perché lo Statuto non lo prevede. Non vi sono altre ragioni», spiega in una nota stamani l’Associazione Nazionale dei Magistrati dopo che la riunione del comitato direttivo centrale ieri ha deciso per l’espulsione di Luca Palamara, negando anche l’intervento in quella sede.
«Quando dice che non ha avuto spazio per difendersi Palamara mente: è stato sentito dai probiviri e in tutta la procedura disciplinare non hai mai preso una posizione in merito agli incontri con consiglieri del Csm, parlamentari e imputati. E, come lui, gli altri incolpati», continua l’Anm concludendo poi «Le regole si rispettano, anche quando non fanno comodo. Cerca ora di ingannare l’opinione pubblica con una mistificazione dei fatti: la contestazione riguardava gli incontri notturni all’hotel Champagne e l’interferenza illecita nell’attività consiliare, fatti purtroppo veri, e per questo sanzionati».