Luca Palamara ha parlato durante l’intervista a “Non è l’Arena” anche di Nino Di Matteo, magistrato antimafia che ha portato a galla il caso della mancata nomina al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP), che sovrintende la gestione delle carceri. L’ipotesi è che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si sia affidato a persone non di primo piano ma che facevano parte di Unicost, la corrente moderata il cui leader era proprio Palamara. Nelle intercettazioni dell’ex consigliere del Csm ha trovato spazio Cesare Sirignano, della Direzione nazionale antimafia, il quale aveva espresso giudizi negativi a Palamara sul collega Nino Di Matteo. «Ricordo quando nel 2009 si candidò all’Anm di Palermo aderendo all’Unicost palermitana. Fui sostenitore di questa candidatura», ha esordito l’ex presidente di Anm ai microfoni di Massimo Giletti. Ma poi ha anche ricostruito la vicenda del 2016, anche perché a detta sua «rappresenta uno degli aspetti deteriori del correntismo» all’interno della magistratura.
LUCA PALAMARA E LA BOCCIATURA DEL CSM A DI MATTEO
Luca Palamara ha smentito quanto emerso nelle ultime settimane. «Troppo facile dire che volli farlo fuori», ha detto a “Non è l’Arena”. La questione per l’ex magistrato è molto semplice: «C’erano tre posti per la Direzione nazionale antimafia, il sistema delle correnti decise di accordarsi su altri nomi il cui profilo professionale fu ritenuto superiore a quello di Di Matteo». Quel che Palamara tiene a precisare a più riprese è che la nomina fu poi ratificata, quindi non si trattò di una sua decisione. Palamara, dunque, ha smentito di essere stato il grande nemico di Nino Di Matteo. «Voglio smentire categoricamente di essere un suo nemico. Di Matteo è diventato un pubblico ministero importante, forse il più importante per le vicende di cui si è occupato». Chi ha fermato allora Di Matteo? Non Palamara, ma il sistema delle correnti. «Non fu una decisione di Luca Palamara contro Di Matteo. Il profilo professionale di quei colleghi venne ritenuto prevalente».